Dodicesimo articolo – LE MONETE ANTICHE CHE RIENTRANO IN ITALIA. Quadro normativo e orientamenti giurisprudenziali.
2 Luglio 2024

Covid 19, malattia o infortunio? Il punto della giurisprudenza sull’interpretazione delle polizze

Abstract: partendo dall’analisi delle più recenti pronunce delle Corti di merito, il presente contributo affronta il tema della riconducibilità o meno dell’infezione da Covid-19 nell’ambito delle “polizze infortuni” private.

Introduzione

Come qualificare il Covid-19? Si tratta di una malattia o di un infortunio indennizzabile nell’ambito di un’assicurazione “infortuni” privata?

Con il presente articolo si cercherà di affrontare i predetti interrogativi, offrendo – pur senza pretese di completezza – una panoramica dei principali orientamenti che si sono delineati nella giurisprudenza di merito.

Il tema in oggetto non sottende questioni puramente teoriche, tutt’altro. Le conseguenze di ordine pratico risultano infatti di estrema rilevanza, essendo legate alla stessa applicabilità delle polizze e all’indennizzabilità dei sinistri.

Proprio per tale ragione, come si vedrà nel prosieguo, la tematica è stata affrontata dal legislatore, dalla dottrina, dalla giurisprudenza di merito e ad oggi si trova al vaglio della Suprema Corte, risultando quindi di estrema attualità e interesse per il giurista e per l’operatore.

Il quadro normativo di riferimento

Preliminarmente si ritiene opportuno analizzare – seppur brevemente – il quadro normativo di riferimento.

Soccorre in primo luogo la normativa emergenziale contenuta nel c.d. Decreto Cura Italia il quale, all’art. 42, comma 2 (D.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. in l. 24 aprile 2020, n. 27), con riferimento alle prestazioni INAIL, ha qualificato, sia pur indirettamente, quale infortunio, l’infezione da SARS-COV-2 contratta in occasione di lavoro.

Con le circolari n. 13 del 3.04.2020 e n. 22 del 20.05.2020, poi, l’INAIL ha stabilito che l’infezione da Covid-19, contratta in occasione dello svolgimento dell’attività medico-sanitaria, debba essere equiparata, a tutti gli effetti di legge, ad un infortunio sul lavoro.

Ora, come accennato in apertura, negli ultimi anni, l’art. 42, comma 2, Decreto Cura Italia e le successive circolari, sono state oggetto di un ampio dibattito, nell’ambito del quale la dottrina e la giurisprudenza si sono chieste se la qualificazione del Covid-19 quale infortunio costituisse un principio di carattere speciale destinato ad operare solamente all’interno delle tutele pubblicistiche dell’INAIL ovvero se potesse assurgere a regola generale, tale da “trasformare” sempre una malattia infettiva in un infortunio, anche nel diverso settore delle assicurazioni private.

Sul punto, come si vedrà, secondo una parte della dottrina giuridica e medico-legale (E. Ronchi, L’angelo custode, gli infortuni e le infezioni nell’assicurazione privata, in www.ridare.it, 1 luglio 2020; C. Giovannetti, Le assicurazioni private e la classificazione dell’infortunio derivante da Covid-19, in Jus, 2021, p. 101 ss.), l’intento del legislatore di natura puramente solidaristica deve necessariamente essere ricondotto all’eccezionalità dell’evento pandemico, in occasione del quale si è reso necessario rispondere ad esigenze di maggior protezione del lavoratore e, al contempo, anche delle imprese, prevedendo all’uopo il coinvolgimento dell’INAIL, quale assicurazione sociale.

Altra parte della dottrina (e della giurisprudenza), invece, è giunta a conclusioni del tutto opposte (G. Ludovido, Il contagio da Covid-19 come infortunio sul lavoro tra copertura INAIL e responsabilità civile, in Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale, 2020, p. 353 ss.).

Diversamente da quanto accaduto in Italia, in ambito europeo, la normativa sembra aver dato adito a minori fraintendimenti.

In data 18 maggio 2022, infatti, il Comitato Consultivo dell’UE per la Sicurezza e la Salute sul luogo di lavoro (CCSS) ha raggiunto un accordo sulla necessità di includere il Covid-19 tra le malattie professionali. È stata, pertanto, condivisa tra gli Stati membri riuniti nel Comitato, l’esigenza di un aggiornamento dell’elenco UE delle malattie professionali (di cui alla Raccomandazione 2003/670/CE, poi sostituita dalla Raccomandazione UE 2022/2337), con conseguente adeguamento delle rispettive normative interne.

A seguito di tale Accordo, il 28 novembre 2022 la Commissione Europea ha quindi emesso la Raccomandazione UE 2022/2337 con la quale ha incluso il Covid-19 nell’allegato I delle malattie professionali. La Raccomandazione è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2022, con invito agli Stati membri ad informare la Commissione circa le misure adottate entro il 31.12.2023; il nostro paese, tuttavia, non risulta aver ancora adottato misure conformi alla Raccomandazione.

Il dibattito nella giurisprudenza di merito

Partendo da queste premesse normative, diversi giudici di merito italiani (Tribunali e Corti D’Appello) sono stati chiamati a prendere posizione sulla riconducibilità dell’infezione da Covid-19 nell’alveo degli infortuni indennizzabili in base ad un’assicurazione “infortuni” privata.

Sul punto, come precedentemente evidenziato, si sono registrati due orientamenti contrastanti. In particolare, un primo orientamento riconduce l’infezione da SARS-COV-2 alle polizze “infortuni” private, il secondo, invece, la esclude, qualificando il Codiv-19 come una malattia. La questione, pertanto, risulta ad oggi ancora aperta.

Partiamo dal primo dei due orientamenti, accolto, come accennato, da una parte della giurisprudenza di merito, benché alcune pronunce siano poi state riformate in sede di appello e oggi si trovino al vaglio della Cassazione.

Questa prima posizione muove da una recente sentenza della Corte di cassazione che, per quanto non pronunciatasi direttamente sull’infezione da Covid-19, ha affermato come nell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro costituisce una “causa violenta” – definizione che, generalmente, caratterizza il concetto di infortunio – anche l’azione di fattori microbici o virali che, penetrando nell’organismo umano, determina l’alterazione dell’equilibrio anatomo-fisiologico (Cass., 10 ottobre 2022, n. 29435, in Dejure); tale azione, ancorché produttiva di effetti dopo un significativo lasso temporale, deve essere in rapporto con lo svolgimento dell’attività lavorativa, anche in difetto di una specifica causa violenta alla base dell’infezione (così anche Cass. ord. 03 settembre 2021, n. 23894, in Dejure; Cass. 12 maggio 2005, n. 9968, in Dejure; Cass. 08 aprile 2004, n. 6899, in Dejure; Cass. 28 ottobre 2004, n. 20941, in Dejure).

Ora, per quanto le pronuncia sopra citata riguardi l’assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro, alcuni giudici di merito non hanno mancato di sottolineare come il carattere “violento” dell’azione di fattori microbici o virali possa essere traslato anche nell’ambito delle assicurazioni private, estendendo quindi il ragionamento della Corte di cassazione anche al caso dell’infezione da Covid-19 (così, Trib. Torino, sez. sesta, 19 gennaio 2022, n. 184, in questa Rivista, con nota di Ceserani, poi riformata da C. App. Torino, sez. terza, 13 luglio 2023 n. 719, in Banca Dati di Merito, Min. Giust.; Trib. Parma, sez. seconda, 8 febbraio 2023, n. 164, in Banca Dati di Merito, Min. Giustizia; Trib. Udine, sez. lav. 21 febbraio 2022, n. 179 e Trib. Trento, sez. lav., 30 agosto 2022, n. 102, poi confermata da C. App. Trento, sez. lav. 20 luglio 2023, n. 20 e impugnata davanti alla Corte di cassazione, entrambe in Banca Dati di Merito, Min. Giust.; Trib. Vercelli, sez. prima, 3 agosto 2022, n. 383, in Banca Dati di Merito, Min Giust., riformata integralmente da C. App. Torino, sez. terza, 27 giugno 2023, n. 653, in Banca Dati di Merito, Min. Giust.; Trib. Bergamo, sez. quarta, 16 marzo 2023, n. 561, in Banca Dati di Merito, Min. Giust.).

Il secondo orientamento, invece, come sopra evidenziato giunge a conclusioni diametralmente opposte, con la conseguente esclusione dell’applicabilità delle polizze “infortuni” private ai casi di Covid-19 (C. App. Torino, 29 giugno 2023, n. 653, ad integrale riforma di Trib. Vercelli, 3 agosto 2022, n. 383, cit. Trib. Pesaro, sez. prima, ord., 15 giugno 2021, n. 690, Trib. Roma, sez. dodicesima civile, 30 gennaio 2022, n. 1468, in Dejure; Trib. Pescara, 23 marco 2022, n. 351, in Banca Dati di Merito, Min. Giust.; C. App. Torino, sez. terza, 13 luglio 2023, n. 719, in Banca Dati di Merito, Min. Giust., la quale è intervenuta riformando integralmente Trib. Torino, sez. quarta, 18 gennaio 2022, n. 184, in Banca Dati di Merito, Min. Giust.; Trib. Genova, sez. seconda, 31 ottobre 2023, n. 2666).

In estrema sintesi, l’iter argomentativo a sostegno di questa seconda impostazione muove dalla distinzione delle assicurazioni sociali ex art. 1886 c.c. – come tali disciplinate da leggi speciali di natura solidaristica, sociale e previdenziale – da quelle private.

Partendo da tale assunto, si esclude che la disciplina che regola le prime possa essere estesa alle seconde, come tali governate dal principio di autonomia negoziale ex art. 1322 c.c. e alle quali, pertanto, non sarebbe possibile applicare tout court finalità di carattere sociale non espressamente previste dalla legge (o dalla volontà dei contraenti).

In merito all’art. 42 del Decreto Cura Italia – con il quale, come si accennava sopra, il legislatore emergenziale ha assimilato agli infortuni sul lavoro i casi di infezione da Covid-19, onde garantire le prestazioni INAIL – si evidenzia, poi, come trattasi di norma speciale, di natura emergenziale, applicabile, quindi, solo ai lavoratori beneficiari di siffatta tutela previdenziale “pubblica”, tra cui, per mere scelte di politica legislativa, non compaiono né i medici professionisti autonomi, né, in generale i liberi professionisti.

Del resto, la normativa emergenziale, oltre a non essere applicabile retroattivamente alle polizze concluse prima della sua entrata in vigore, non ha nemmeno previsto, tra i suoi obiettivi generali, quello di dare una definizione univoca di “infortunio”, essendo, per l’appunto circoscritta alla disciplina speciale INAIL come tale non estensibile analogicamente.

Ciò posto, esclusa l’applicabilità della disciplina speciale INAIL al caso delle assicurazioni private, si ritiene che l’elemento dirimente per valutare la riconducibilità del Covid-19 nell’ambito delle polizze non possa che essere rappresentato della volontà dei contraenti al momento della conclusione del contratto; volontà da indagare sulla base dei criteri ermeneutici previsti dagli artt. 1362-1364 c.c., dai quali, però, si esclude l’art. 1370 c.c., in base al quale “le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s’interpretano, nel dubbio, a favore dell’altro”, trattandosi di un criterio residuale al quale ricorrere solo in caso di clausole ambigue, non presenti nel contratto (Cass., 20 maggio 2022, n. 16351, in Dejure).

In ultima analisi, le pronunce che accolgono questa seconda impostazione esaminano in concreto le clausole di polizza, evidenziando come dal testo contrattuale sia possibile evincere che le parti hanno inteso ben distinguere i rischi “malattia” e “infortunio”.

Infine, si esclude la possibilità di ravvisare nell’infezione virale una “causa violenta” (idonea quindi ad essere inquadrata nel concetto di infortunio), la quale deve essere valutata con riferimento al momento genetico del contagio e non a quello successivo.

Del resto, come noto, il SARS-COV-2 è un virus che si trasmette tra umani attraverso le vie respiratorie, influenzato dalla carica virale e dalla contaminazione ambientale.

Detta circostanza, ad avviso dei giudici, impedisce di qualificare il Covid-19 come causa di infortunio di tipo “violento” in base ai criteri medico-legali della causalità esterna, rapidità e specificità temporale; questi requisiti, infatti, devono essere valutati al momento del contagio iniziale, non sulla base delle conseguenze successive del virus, evitando così di confondere il momento del contagio con le manifestazioni della malattia. Diversamente ragionando – cioè se il solo fatto del contagio fosse di per sé qualificabile come infortunio – si giungerebbe a ritenere che la contrazione di qualunque malattia virale (tra cui anche la stessa influenza), debba costituire un infortunio indennizzabile.

Da ultimo, si chiarisce che l’equiparazione alla causa violenta dell’azione di fattori microbici e virulenti, come statuito da alcune pronunce della Corte di cassazione  (Cass., sez. lav., 13 marzo 1992, n. 3090, in Dejure e Cass., 12 maggio 2005, n. 9968, in Dejure ) è un principio di carattere speciale che ha una genesi storica ben precisa, essendo stato elaborato per dare copertura da parte dell’INAIL anche ai casi di malattie professionali non incluse nelle originarie tabelle del D.p.r. 112/1965.

In ultima analisi, dette pronunce della Suprema Corte non sarebbero applicabili al caso oggetto di indagine, riguardando la disciplina speciale dell’assicurazione sociale, la quale sottende logiche e interessi distinti da quelli delle assicurazioni private.

Conclusioni

In conclusione, dall’analisi della giurisprudenza di merito sopra analizzata emerge un quadro giurisprudenziale ancora ampiamente frastagliato e incerto da cui derivano conseguenze profondamente diverse in punto di indennizzo.

Se in un primo momento la giurisprudenza di primo grado sembrava essersi orientata nel senso di ritenere indennizzabile l’infezione da Covid-19 in applicazione delle polizze “infortuni” private, l’orientamento dei giudici di secondo grado – salvo alcune limitate eccezioni – propende, invece, per l’interpretazione opposta.

Non resta quindi che attendere un intervento chiarificatore della Suprema Corte che inevitabilmente sarà chiamata a ricostruire il dibattito in corso e a verificare, anche tramite un bilanciamento di interessi contrastanti, la possibilità di ricondurre l’infezione da Covid-19 – e, più in generale, di tutte le infezioni derivanti da fattori microbici e virulenti – nell’ambito di quelle “cause esterne e violente” che generalmente contraddistinguono l’infortunio [1].

Inevitabilmente, se la Corte di cassazione dovesse propendere per questa impostazione, si assisterebbe ad un significativo cambiamento rispetto al passato circa l’interpretazione delle polizze “infortuni” private; un cambiamento in grado di incidere, potenzialmente, non solo sulle infezioni da Covid-19, ma anche su ogni tipologia di infezione, virale, batterica o parassitaria. La parola, dunque, alla Corte di cassazione.

[1] Attualmente sono state impugnate la C. App., 29 giugno 2023, n. n. 653, cit., C. App. Torino, 20 giugno 2023, n. 719, cit. e C. App. Trento, 20 luglio 2023, n. 20, cit.