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L’AZIONE REVOCATORIA DEL TRUST

Con ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. del 28.11.2017 il Tribunale di Rimini ha confermato alcuni principi giurisprudenziali in materia di trust ed azione revocatoria.

La causa traeva origine dall’azione pauliana esperita dalla Banca nei confronti degli eredi del decuius, fideiussore e socio accomandante di una società a cui erano stati concessi affidamenti.

Nel caso di specie la fideiussione omnibus veniva stipulata dal socio garante nel momento in cui la società presentava una esposizione debitoria nei confronti della Banca di circa € 165.000,00; i trusts, invece, venivano istituiti il mese successivo alla sottoscrizione della fideiussione.

Il Tribunale precisava innanzitutto, dopo aver richiamato l’orientamento della Corte di Cassazione in materia (Cass. 19.5.2017 n. 12718), che il trust non è un soggetto giuridico dotato di una propria personalità, ma viceversa postula, in capo al trustee, una proprietà limitata nel suo esercizio, in funzione della realizzazione del programma stabilito dal disponente nell’atto istitutivo a vantaggio di uno o più beneficiari.

I trusts oggetto di giudizio, qualificati come interni, non potevano essere dichiarati direttamente nulli poiché, secondo il Tribunale, occorre verificare la causa concreta e la liceità del programma perseguito con la segregazione patrimoniale.

In tal senso il Giudice riteneva di non aderire al principio contrario espresso da parte della giurisprudenza di merito (Trib. Udine 28.2.2015), che ravvisa la nullità degli atti di costituzione di trusts interni per impossibilità giuridica dell’oggetto; il Tribunale di Rimini infatti, prestava consenso all’indirizzo opposto, condiviso anche dalla Corte di Cassazione (Cass. Civ. 9.5.2014 n. 10105), secondo cui ai fini della validità dei trusts interni occorre esaminare, per valutarne la liceità, le circostanze del caso di specie, da cui desumere la causa concreta dell’operazione.

Secondo l’indirizzo minoritario del Tribunale di Udine, non possono essere riconosciuti e considerati validi nel nostro ordinamento, ed i relativi atti di costituzione devono essere dichiarati nulli per mancanza di causa o, analogamente, per impossibilità giuridica, i trusts laddove la volontà dei soggetti che li hanno costituiti sia volta ad istituire rapporti regolati da norme straniere incompatibili con gli istituti privatistici del diritto interno, essendo volti a realizzare una forma di segregazione patrimoniale non prevista e non consentita nel nostro ordinamento in quanto contrastante col disposto dell’art. 2740, secondo comma, c.c.

Secondo l’indirizzo opposto, condiviso dalla Corte Suprema di Cassazione e dal Tribunale di Rimini, i trusts interni si possono invece ritenere astrattamente consentiti nel nostro ordinamento ai sensi della Convenzione dell’Aja 1/7/1985 e della legge di ratifica 16/10/1989 n. 264, seppur sia demandato ai giudici il loro libero riconoscimento, attraverso il preciso compito di verificare caso per caso, esaminando le caratteristiche della causa concreta del negozio, la meritevolezza o meno del singolo trust.

Nella fattispecie, trattandosi di dotazione successiva all’assunzione del debito e all’obbligazione fideiussoria, il Giudice riteneva con ciò verificata la consapevolezza del disponente di arrecare pregiudizio alle ragioni dei creditori, integrando tali circostanze l’intento fraudolento dell’operazione; tale consapevolezza, secondo il Tribunale, può essere provata anche per presunzioni.

In questo contesto, avendo l’azione revocatoria la funzione di consentire la ricostituzione della garanzia generica del patrimonio del debitore, a determinare l’eventus damni secondo il Tribunale è la mera variazione quantitativa del patrimonio, integrata con gli atti di dotazione.

Occorre evidenziare che con l’ordinanza in commento il Giudice ha altresì confermato un altro orientamento già espresso dalla giurisprudenza di legittimità e di merito, ovvero quello secondo cui in materia di trusts l’atto oggetto dell’azione revocatoria non è quello istitutivo del trust stesso, bensì quello dispositivo, cioè l’atto con cui avviene il trasferimento dei beni.

Il Tribunale ha infatti correttamente osservato che l’effetto di depauperamento del patrimonio del debitore non viene prodotto dall’atto istitutivo del trust, bensì dall’atto di segregazione dei beni.

I due atti, anche nell’ipotesi in cui l’istituzione del trust ed il trasferimento dei beni al trustee avvengano in un medesimo contesto, seguono anche due discipline giuridiche differenti: l’atto istitutivo è infatti assoggettato alla legge straniera individuata dalle parti ai sensi dell’art. 6 della Convenzione dell’Aja (Trib. Firenze ordinanza 9.11.2010), mentre l’atto dispositivo, con il quale avviene l’effettivo trasferimento dei beni, segue la lex fori, nel caso di specie, quella italiana.

In conclusione il Tribunale di Rimini, con l’ordinanza in esame, nel dichiarare inefficaci gli atti dispositivi stipulati, in conformità agli indirizzi giurisprudenziali maggioritari in materia, ha riconosciuto la validità del trust all’interno dell’ordinamento giuridico italiano quando non intento ad assumere la specifica funzione di segregazione patrimoniale dei beni in frode ai creditori.

Pubblicato il 01.12.2017