Con sentenza n. 318/2023, depositata il 14.2.2023, la Corte d’Appello di Firenze ha respinto la domanda di risoluzione degli ordini di acquisto dei titoli obbligazionari CIRIO, proposta da un risparmiatore nei confronti di un Istituto di Credito.
La sentenza è stata pronunciata nell’ambito del giudizio di rinvio incardinato a seguito dell’ordinanza n. 1820 del 28.1.2021 della Corte di Cassazione, la quale aveva ritenuto fondato il motivo di censura formulato da Intesa San Paolo S.p.a., rinviando per un nuovo esame della sentenza di secondo grado che aveva accolto la domanda del risparmiatore.
La Corte di Cassazione ha ritenuto erronea la statuizione di secondo grado della Corte d’Appello di Firenze, secondo cui il contenuto dell’informativa resa dalla Banca avrebbe dovuto necessariamente risultare indicata nel modulo d’ordine, con esclusione della possibilità di provare altrimenti che le informazioni erano state fornite.
Nell’ordinanza di rinvio era stato richiamato il seguente principio di diritto: “la sottoscrizione da parte del cliente della clausola in calce al modulo d’ordine, contenente la segnalazione d’inadeguatezza dell’operazione sulla quale egli è stato avvisato, è idonea a far presumere assolto l’obbligo previsto in capo all’intermediario dall’art. 29, comma 3, reg. Consob n. 11522 del 1998; tuttavia, a fronte della contestazione del cliente, il quale alleghi quali specifiche informazioni furono omesse, grava sulla banca l’onere di provare, con qualsiasi mezzo, che invece quelle informazioni essa aveva specificamente reso” (si veda Corte di Cassazione sentenza n. 11578/2016 e n. 33323/2018).
Nel caso di specie, come rimarcato dalla Corte di Cassazione, era necessario valutare in concreto la rilevanza ed ammissibilità delle prove dedotte dalla Banca, trattandosi di “adempimento non compiuto, essendo stato, come sopra evidenziato, erroneamente affermato che il contenuto delle avvertenze in ordine all’inadeguatezza dell’operazione avrebbe dovuto risultare necessariamente dal modulo d’ordine”.
Con la sentenza in commento, la Corte d’Appello ha riconosciuto come debba ritenersi pacifico, in quanto previsto dall’art. 23 TUF, che a fronte dell’allegazione del cliente circa il mancato assolvimento dei predetti obblighi informativi, spetti alla banca dimostrare di avervi diligentemente adempiuto, “tramite qualsiasi mezzo istruttorio, imponendo l’art. 29 del Reg. CONSOB la forma scritta soltanto con riferimento al fatto che le avvertenze siano state fornite senza che sia necessario riportarne il contenuto”.
Come si legge in sentenza “l’assolvimento degli obblighi informativi non [può] essere desunta in via esclusiva dalla sottoscrizione dell’avvenuto avvertimento dell’inadeguatezza dell’operazione in forma scritta, essendo invece necessario che l’intermediario, a fronte della sola allegazione contraria dell’investitore sull’assolvimento degli obblighi informativi, fornisca la prova positiva, con ogni mezzo, del comportamento diligente della banca: prova che può essere integrata dal profilo soggettivo del cliente o da altri convergenti elementi probatori, ma non può essere desunta soltanto da essi (cfr. anche Cass. 14208/2022; Cass. 19417/2017”
In forza di tali principi, come già enunciati nell’ordinanza della Corte di Cassazione, la Corte d’Appello fiorentina ha accolto, nel corso del giudizio di rinvio, l’istanza istruttoria di escussione di un teste, già formulata dalla Banca fin dal giudizio di primo grado.
Nella sentenza in commento, la Corte ha esaminato le prove acquisite in giudizio, rimarcando come già nei singoli ordini di acquisto “l’investitore avesse dichiarato di aver ricevuto tutte le “informazioni necessarie e sufficienti ai fini della completa valutazione del grado di rischiosità della presente operazione”, in cui tra l’altro il promoter ha sempre attestato che “l’operazione non [appariva] adeguata alla Vostra situazione finanziaria e ai Vostri obiettivi di investimento”, rimarcando inoltre che “era stato espressamente indicato che le operazioni sarebbero state eseguite fuori mercato in contropartita diretta” e che il cliente aveva acquistato i titoli Cirio in due diverse tranches a distanza di un mese confermando di fatto la sua volontà nell’investire in tali prodotti, in ragione, presumibilmente, dell’elevato rendimento.
Il Giudice del rinvio ha poi esaminato la prova orale assunta, dalla quale ha potuto accertare che l’istituto di credito ha diligentemente assolto ai propri obblighi informativi con riguardo alla specifica operazione di acquisto e alla sua rischiosità.
Sulla base delle prove documentali e orali acquisite, la Corte d’Appello di Firenze ha, pertanto, accertato e dichiarato che la Banca ha assolto agli obblighi informativi dettati dalla legislazione a suo tempo vigente, con conseguente reiezione della domanda avanzata dal risparmiatore di risoluzione degli ordini di acquisto per inadempimento della Banca ai predetti obblighi informativi.