Siamo alla vigilia di una riforma della normativa fiscale in materia di circolazione delle opere d’arte per rendere il nostro paese più attrattivo per l’importazione e la circolazione delle opere d’arte e quindi sostenere la creatività italiana.
Il 9 agosto 2023 è stata promulgata la legge di “Delega al governo per la riforma fiscale” (Legge n. 111/2023, in vigore dal 29 agosto 2023 e da attuare nei successivi ventiquattro mesi) che prevede la riorganizzazione complessiva della disciplina fiscale applicabile al commercio delle opere d’arte.
Per meglio comprendere la portata della riforma, occorre tenere presente che, ai fini fiscali, la dottrina e la prassi hanno qualificato il soggetto che cede un’opera d’arte a titolo oneroso come (i) collezionista privato, (ii) speculatore occasionale o (iii) mercante d’arte:
– il collezionista d’arte è un privato che è animato da uno spirito “culturale” e vende un’opera senza aver alcun intento speculativo, quanto piuttosto per soddisfare un interesse estetico-culturale e incrementare la propria collezione. Questi acquista opere d’arte e solo incidentalmente decide di cederle e, se lo fa, utilizza il ricavato della vendita per l’acquisto di una nuova opera che arricchisca che arricchisca la propria collezione. Il ricavato realizzato dal collezionista non è tassato perché non costituisce una plusvalenza imponibile ai fini delle imposte sul reddito e non rileva ai fini dell’Iva;
– lo speculatore occasionale è la persona fisica animata da un intento speculativo, la quale acquista occasionalmente opere d’arte al fine della successiva rivendita delle stesse, cercando di conseguirne un profitto. La ricchezza da questi creata è una plusvalenza oggetto di imposizione a norma dell’art. 67, comma 1, lettera “i)” Tuir come redditi diversi, ma non soggiace ad Iva per mancanza del requisito della abitualità;
– il mercante d’arte è definito come colui che – a differenza dello speculatore occasionale e del collezionista – esercita professionalmente e abitualmente il commercio di opere d’arte al fine di trarne un profitto, ancorché in maniera non organizzata imprenditorialmente. Per il mercante d’arte, tale attività genera reddito d’impresa ai sensi dell’art. 55 Tuir ed è soggetta all’aliquota Iva del 22% ex art. 4 del DPR 633/72 (salva la possibilità per le gallerie d’arte di adottare il regime del margine, ossia applicare l’Iva ordinaria solo sulla quota di plusvalenza derivante dalla vendita e l’aliquota ridotta del 10% sulle importazioni e sulle cessioni dirette dall’artista o dai suoi eredi o legatari). La fattispecie del mercante d’arte ha, quindi, una tassazione ben identificata come imprenditore, con un’aliquota Iva al 22% particolarmente svantaggiosa se paragonata con altri mercati europei.
Il regime fiscale oggi applicabile alla plusvalenza derivante dalla cessione delle opere d’arte si caratterizza per l’assenza di una disciplina specifica, non distingue tassativamente le categorie di speculazione occasionale dal puro collezionismo e si basa su due presunzioni: la presunzione di acquisto dell’opera d’arte poi ceduta e la presunzione di qualifica del cedente quale imprenditore commerciale.
Per superare dette presunzioni, il collezionista ha l’onere di fornire la documentazione che dimostri la provenienza delle opere d’arte collezionate poi cedute e provare l’assenza di un intento speculativo.
Tali presunzioni si traducono quindi nell’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate di oneri fiscali ingenti per imposte dirette, Iva, contributi, interessi e sanzioni e in contenziosi tributari complessi. Si pensi al ricorso contro l’accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria che contesta al collezionista, che vende o permuta opere per migliorare la propria collezione, lo svolgimento di un’attività commerciale occasionale, come tale tassabile ai fini delle imposte sui redditi in quanto produttiva di redditi diversi. O al caso della permuta di opere d’arte con altri oggetti o opere ovvero della vendita di un’opera d’arte da parte del collezionista che utilizza il ricavato della vendita per acquistarne una nuova e rinnovare così la propria collezione. Oppure alla presunzione di acquisto delle opere cedute che in realtà il cedente ha ereditato per successione mortis causa omettendo di indicare le medesime in modo analitico nella dichiarazione di successione perché le ha considerate comprese nella presunzione in materia di imposta sulle successioni e donazioni (cfr. art. 9, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 346/1990 “Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni”, prevede: “2. Si considerano compresi nell’attivo ereditario denaro, gioielli e mobilia per un importo pari al 10% del valore globale netto imponibile dell’asse ereditario anche se non dichiarati o dichiarati per un importo minore, salvo che da inventario analitico redatto a norma degli articoli 769 e seguenti del c.p.c. non ne risulti l’esistenza per un importo diverso. 3. Si considera mobilia l’insieme dei beni mobili destinati all’uso o all’ornamento delle abitazioni, compresi i beni culturali non sottoposti al vincolo di cui all’art. 13”).
La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 6874 dell’8 marzo 2023 ha colmato parte di tali lacune. La Corte ha confermato la rilevanza della distinzione tra collezionista, speculatore occasionale e mercante d’arte e, preso atto che il Tuir non contiene una normativa specifica sulla tassazione delle compravendite di opere d’arte di privati, ha indicato gli elementi distintivi delle tre figure di collezionista, speculatore occasionale e mercante d’arte.
La Corte ha stabilito che può essere definito collezionista, e quindi non soggetto ad alcuna imposizione sulle plusvalenze, soltanto “colui che acquista opere per scopi culturali, con la finalità di incrementare la propria collezione e possedere l’opera, senza l’intento di rivenderla generando una plusvalenza” senza intento speculativo. La Corte ha precisato che “l’interesse del collezionista è quindi rivolto non tanto al valore economico della res quanto a quello estetico-culturale, per il piacere che il possedere le opere genera, per l’interesse all’arte, per conoscere gli artisti, per vedere le mostre”. Le plusvalenze realizzate dagli speculatori occasionali e mercanti d’arte sono assoggettabili a tassazione, come redditi diversi (in capo ai primi) ovvero come redditi di impresa (in capo ai secondi) in quanto questi soggetti acquistano beni da collezione al fine di rivenderli sul mercato e ritrarne un utile, con la principale differenza che le vendite realizzate dagli speculatori occasionali non rientrano nell’ambito di applicazione dell’Iva per carenza del requisito dell’abitualità.
La Corte ha per la prima volta tracciato gli elementi di distinzione del puro collezionismo (non tassato) dalla speculazione occasionale (tassata) dall’attività d’impresa del mercante d’arte: l’abitualità, lo scopo dell’acquisto, l’esame delle motivazioni sottese all’alienazione, la frequenza e il numero delle transazioni, la durata del possesso, le attività finalizzate a facilitare la vendita e l’esame delle ragioni che hanno portato all’alienazione.
Tali criteri però risultano comunque vaghi e spesso difficilmente dimostrabili. Si pensi al criterio dello scopo dell’acquisto: come si può provare di avere acquistato solo per soddisfare un interesse estetico-culturale e non piuttosto per diversificare i propri investimenti, e quindi il patrimonio che finora era costituito solo da immobili e strumenti finanziari?
Per inciso, si fa presente che, nella suddetta ordinanza, la Cassazione ha confermato che il collezionista che venga qualificato speculatore occasionale potrà a quel punto eccepire l’incidenza percentuale dei costi e detrarre dall’ammontare dei redditi diversi imponibili tutti gli gli oneri sostenuti per la conservazione e valorizzazione delle proprie opere (gli oneri assicurativi, i restauri, depositi in ambienti protetti, le relazioni di stima, la catalogazione).
A queste “interpretazioni” della Suprema Corte fa seguito la Legge Delega di Riforma fiscale (L. 111/2023) che, recependo la normativa comunitaria, prevede l’introduzione di norme a disciplina della materia indicando i criteri per regolamentare la tassazione delle plusvalenze conseguite dai privati collezionisti (soggetti che non esercitano una vera e propria attività d’impresa) in seguito alla cessione di oggetti d’arte, da collezione o d’antiquariato.
Il programmato riordino fiscale del settore dell’arte perseguito dalla Legge Delega riguarda sia il fronte delle imposte dirette che quello del regime Iva applicabile.
Sotto il primo profilo delle imposte indirette sulle plusvalenze realizzate, la Legge Delega prevede che il collezionista che venderà un’opera d’arte e realizzerà una plusvalenza non subirà alcuna tassazione qualora la vendita non abbia avuto alcun intento speculativo. Tale vendita sarà assimilabile ad una dismissione patrimoniale. Saranno normativamente escluse da imposizione anche le operazioni relative a beni acquisiti per successione e donazione. Al contrario, qualora si possa ravvedere un intento speculativo, la plusvalenza sarà tassata come dei “redditi diversi” ex art. 67 del Tuir.
Testualmente l’art. 5, lettera h), n. 3, della Legge Delega n. 111/2023 dispone con riferimento ai redditi diversi “l’introduzione di una disciplina sulle plusvalenze conseguite, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, dai collezionisti di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione nonché’, in generale, di opere dell’ingegno di carattere creativo appartenenti alle arti figurative, escludendo (ndr dalla tassazione) i casi in cui è assente l’intento speculativo, compresi quelli di plusvalenza relativa a beni acquisiti per successione o donazione, nonché esonerando i medesimi da ogni forma dichiarativa di carattere patrimoniale.”
La Legge Delega ha l’obiettivo di porre rimedio alla situazione di incertezza e ai dubbi interpretativi oggi esistenti. I decreti che il Governo dovrà emanare nei 24 mesi previsti per l’attuazione della delega fiscale, dovranno specificare in termini più tassativi possibile i criteri per definire le fattispecie che subiranno o meno tassazione in questo ambito, garantendo così per gli operatori del mondo dell’arte una maggiore certezza nei rapporti con il sistema tributario.
Sotto il secondo profilo in materia di rimodulazione delle aliquote Iva, la Legge Delega è da accogliere con netto favore. La normativa programmatica contenuta nella legge impone di ridurre l’Iva all’importazione di opere d’arte recependo la direttiva europea del 5 aprile 2022 (2022/542/Ue), e di estendere l’aliquota ridotta anche alle cessioni di oggetti d’arte, antiquariato e da collezione.
Si ricorda che oggi in Italia l’importazione delle opere d’arte sconta l’Iva al 10%, così come le cessioni effettuate dall’artista, mentre l’aliquota Iva è del 22% sulle cessioni interne delle opere d’arte da parte di mercanti d’arte o galleristi (per lo più applicando il regime del margine).
L’art. 7, comma 1, lett. “e)” della Legge Delega prescrive di “ridurre l’aliquota dell’IVA all’importazione di opere d’arte, recependo la direttiva (UE) 2022/542 del Consiglio, del 5 aprile 2022, ed estendendo l’aliquota ridotta anche alle cessioni di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione”.
La definizione di “oggetti d’arte” è contenuta nell’allegato IX, parte A, della direttiva europea n. 112/2006 sul sistema comune UE di imposta sul valore aggiunto.
Si noti che la riduzione dell’aliquota Iva per le importazioni di oggetti d’arte, di cui alla lettera e) dell’art. 7 della Legge Delega, è un obbligo dello Stato italiano imposto dalla normativa comunitaria perseguendo l’uniformità del relativo trattamento Iva.
La seconda parte della disposizione di cui alla lett. e) dell’art. 7, invece, che estende agli scambi interni aventi ad oggetto opere d’arte l’aliquota ridotta alle importazioni, rispecchia una precisa scelta del legislatore italiano per incoraggiare la creatività italiana e agevolare il settore.
I decreti legislativi di attuazione delle delega dovranno determinare la misura esatta di tale riduzione. Il governo potrebbe ridurre l’aliquota Iva fino al 5,5% all’importazione (in Francia oggi è al 5,5%) ed estendere la tassazione così ridotta anche alle cessioni interne di oggetti d’arte o da collezione (oggi al 22%).
In tal modo potrà risultare più conveniente importare opere in Italia e anche stipulare transazioni di oggetti d’arte. Con tale riforma l’Italia diventerà un paese più attrattivo tanto per la circolazione delle opere d’arte, perché il prezzo finale comprese le imposte sarà più basso, ma anche per la produzione degli artisti italiani che potranno beneficiare di un’Iva ridotta sulla vendita delle loro opere.
Appare evidente che siano necessarie adeguate coperture finanziarie per una riduzione dell’aliquota Iva di questo tipo. Attendiamo in ogni caso che i decreti attuativi della riforma fiscale al più presto vengano emanati per consentire, finalmente, di godersi l’arte in una situazione di certezza giuridica.