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Le prime decisioni dei Giudici dell’Esecuzione dopo la sentenza delle Sezioni Unite n. 9479/2023

Con la ormai nota sentenza del 6 aprile 2023 n. 9479, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono espresse sull’applicazione delle pronunce della CGUE del 17 maggio 2022 sulla rilevabilità delle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, posti a fondamento di decreti ingiuntivi non opposti e azionati come titolo esecutivo.
L’impatto maggiore della pronuncia di legittimità si è ad oggi manifestato nei procedimenti esecutivi attualmente pendenti, come prevedibile stante l’efficacia interpretativa e dunque immediata della sentenza.
Ricordiamo allora che secondo la sentenza delle Sezioni Unite, il Giudice dell’Esecuzione, in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo dell’abusività delle clausole, ha il dovere – da esercitarsi sino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito – di controllare la presenza di eventuali clausole abusive che abbiano effetti sull’esistenza e/o sull’entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo.
Il giudice dell’esecuzione:
a) in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo dell’abusività delle clausole, ha il dovere – da esercitarsi sino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito – di controllare la presenza di eventuali clausole abusive che abbiano effetti sull’esistenza e/o sull’entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo;
b) ove tale controllo non sia possibile in base agli elementi di diritto e fatto già in atti, dovrà provvedere, nelle forme proprie del processo esecutivo, ad una sommaria istruttoria funzionale a tal fine;
c) dell’esito di tale controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole – sia positivo, che negativo – informerà le parti e avviserà il debitore esecutato che entro 40 giorni può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 650 c.p.c. per fare accertare (solo ed esclusivamente) l’eventuale abusività delle clausole, con effetti sull’emesso decreto ingiuntivo;
d) fino alle determinazioni del giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 649 c.p.c., non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito;
e) se il debitore ha proposto opposizione all’esecuzione ex art. 615, primo comma, c.p.c., al fine di far valere l’abusività delle clausole del contratto fonte del credito ingiunto, il giudice adito la riqualificherà in termini di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e rimetterà la decisione al giudice di questa (translatio iudicii);
f) se il debitore ha proposto un’opposizione esecutiva per far valere l’abusività di una clausola, il giudice darà termine di 40 giorni per proporre l’opposizione tardiva – se del caso rilevando l’abusività di altra clausola – e non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito sino alle determinazioni del giudice dell’opposizione tardiva sull’istanza ex art. 649 c.p.c. del debitore consumatore.
Ove tale controllo non sia possibile in base agli elementi di diritto e di fatto già in atti, il Giudice dell’Esecuzione dovrà provvedere, nelle forme proprie del processo esecutivo, ad una sommaria istruttoria.
Degli effetti dei principi affermati dalla CGUE sui procedimenti pendenti innanzi alle corti nazionali costituisce primo esempio l’ordinanza del 21 aprile 2023 del Collegio del Tribunale di Palermo, resa ad esito di un giudizio di reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c contro l’ordinanza che aveva rigettato l’istanza di sospensione ex art. 624 c.p.c di un’esecuzione immobiliare.
In particolare, il Giudice della fase cautelare ha ritenuto che, “dall’esame dei documenti prodotti, e in assenza di prova cartolare delle fideiussioni, non sembravano potersi riscontrare elementi tali da far emergere i vizi del decreto ingiuntivo azionato e il carattere abusivo delle relative clausole, peraltro mai specificatamente individuate ma solo genericamente richiamate dagli opponenti”.
Non solo. Il Giudice si è spinto ad affermare che “dall’esame del ricorso monitorio emerge chiaramente il riferimento alle fideiussioni e dunque può ritenersi che il decreto ingiuntivo, che rinvia per relationem al ricorso, abbia tenuto conto, in via implicita, anche dei profili attinenti al contratto di fideiussione, per cui la mancata opposizione avrebbe precluso lo spazio per successive contestazioni, essendo il consumatore fideiussore decaduto dalla possibilità di far valere l’eventuale carattere abusivo delle clausole”.
Il Collegio condivide, invece, l’opzione di fondo prescelta dalle Sezioni Unite di mantenere ferma la distinzione tra cognizione ed esecuzione e di convogliare l’accertamento dell’eventuale abusività delle clausole del contratto in un unico plesso cognitivo: “il ricorso in opposizione deve essere, pertanto, riqualificato dal giudice in un’istanza avanzata ex art. 486 c.p.c. e trattato come tale, al di fuori dell’articolazione processuale bifasica del giudizio di opposizione all’esecuzione”.
Continua il Collegio, il Giudice dell’Esecuzione nella fase cautelare “non avrebbe dovuto pronunciarsi sull’istanza di sospensione del processo esecutivo e assegnare il termine perentorio per l’introduzione della fase di merito dell’opposizione esecutiva, dovendosi, piuttosto, limitare ad assegnare alla parte interessata il termine di 40 giorni per consentire la proposizione dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, unica sede di cognizione deputata a statuire sulla questione dedotta”.
L’ordinanza del Giudice dell’Esecuzione che ha rigettato l’istanza di sospensione dell’esecuzione immobiliare è stata resa nel settembre 2022 e, quindi, dopo le pronunce della CGUE del 17 maggio 2022 ma prima della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite.
Emerge pertanto chiaramente l’impatto che la pronuncia di legittimità ha avuto nei tribunali nazionali, che ha portato quindi il Collegio a riformare l’ordinanza della fase cautelare dell’opposizione all’esecuzione immobiliare.
Il Tribunale di Parma, con le ordinanze del 25 maggio 2023 e del 29 maggio 2023, in due giudizi di esecuzione immobiliare, ha rilevato l’assenza di motivazione dei decreti ingiuntivi (titoli esecutivi dei creditori procedenti) sulla presenza di clausole abusive e, ritenuto che detto rilievo non fosse possibile solo in base agli elementi di fatto e di diritto già in atti, ha ritenuto necessario acquisire il contratto fonte del credito ingiunto, assegnando ai creditori procedenti un termine di quindici giorni per il deposito dei documenti allegati al ricorso monitorio e per il deposito del contratto, fonte del credito azionato in via monitoria.
Nella fase cautelare dell’opposizione ex art. 615, 2° comma, c.p.c., iniziata dal debitore opponente, i Giudici dell’Esecuzione si limitano invece a concedere termine di quaranta giorni per proporre opposizione al decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 650 c.p.c. per far accertare solo ed esclusivamente l’eventuale abusività delle clausole.
Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 18 maggio 2023, rileva in particolare che “al giudice dell’esecuzione non competa una valutazione della possibile fondatezza dei motivi di opposizione che involgano la questione del carattere abusivo delle clausole contrattuali su cui si fondi il credito portato dal decreto ingiuntivo non opposto, bensì il solo rilievo del “possibile carattere abusivo di una clausola contrattuale”, ovvero anche della insussistenza dell’abusività e il conseguente avviso al debitore in ordine alla possibilità di proporre opposizione”.
Pertanto, il Tribunale meneghino autorizzava il debitore a presentare opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c nel termine di quaranta giorni, sospendendo così le operazioni di vendita, anche in virtù della circostanza che, nel caso di specie, il decreto ingiuntivo non conteneva alcuna motivazione in ordine alla qualifica, come consumatori o professionisti, dei fideiussori nei cui confronti era stata emessa l’ingiunzione di pagamento.
Alla stessa decisione giunge il Tribunale di Grosseto con ordinanza del 17 maggio 2023 ed il Tribunale di Napoli Nord con ordinanza del 16 giugno 2023.
I giudici di merito si sono altresì pronunciati relativamente al caso in cui il debitore avesse già proposto opposizione al decreto ingiuntivo (completamente respinta), ipotesi in cui non trovano applicazione i principi affermati dalla pronuncia resa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 17 maggio 2022.
Il Tribunale di Nocera Inferiore, con ordinanza del 2 maggio 2023, ha rigettato l’opposizione ex art. 615, 2° comma, c.p.c poiché i decreti ingiuntivi azionati sia da parte del creditore procedente che del creditore intervenuto erano stati entrambi tempestivamente opposti e “da tanto consegue che al caso di specie non sono applicabili i principi espressi dalle pronunce della CGUE emesse in data 17 maggio 2022” e, invece, si applica il tradizionale principio secondo cui “in sede di opposizione all’esecuzione, ove alla base dell’opposizione sia posto un titolo esecutivo giudiziale, non possono farsi valere fatti impeditivi anteriori alla formazione del titolo, così da mettere in discussione la natura di titolo esecutivo giudiziale del decreto ingiuntivo non opposto (cfr. pag. 38 della sentenza n. 9479/2023)”.
La Suprema Corte si è ulteriormente pronunciata sul tema con l’ordinanza n. 8911/2023, precisando anche in quel caso che ove il decreto ingiuntivo sia stato oggetto di opposizione ex art. 645 c.p.c, non trova applicazione il principio espresso dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nelle cause riunite C-639/19 e C-831/19 SPV Project 1503 s.r.l Banco di Desio e della Brianza s.p.a, atteso che il solo tema ad essere stato affrontato dai giudici di Lussemburgo è quello del decreto ingiuntivo non opposto.
La già citata ordinanza del 18 maggio 2023 del Tribunale di Milano ha affermato che “il Giudice dell’esecuzione possa ritenersi esonerato nel caso in cui il debitore abbia già formulato una opposizione all’esecuzione ex art. 615, 1° comma, c.p.c intendendo elidere il titolo esecutivo costituito dal decreto ingiuntivo divenuto irrevocabile proprio a motivo dell’abusività delle clausole contrattuali incidenti sul riconoscimento del credito del professionista”.
Anche il Tribunale di Ferrara, con ordinanza del 29 giugno 2023, in un giudizio di pignoramento mobiliare presso terzi, ha concesso termine al creditore procedente di produrre la documentazione allegata al ricorso per decreto ingiuntivo, non opposto, al fine di poter valutare la qualifica o meno di consumatore del debitore.
E’ verosimile che il contenuto delle pronunce emesse nei giudizi di esecuzione tenderà ad uniformarsi ai principi europei ed il loro numero ad accrescere sempre di più su tutto il territorio nazionale, essendo le pronunce esaminate diffuse da nord e sud.
Gli esiti dei procedimenti di esecuzione forzata saranno così inevitabilmente condizionati da quelli dei giudizi di opposizione al decreto ingiuntivo, con la conseguenza che, se i giudizi di cognizione confermeranno l’abusività delle clausole, determineranno l’estinzione dei giudizi di esecuzione per mancanza del titolo esecutivo.
La durata del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, inoltre, avrà notevoli ricadute sulla valutazione di stima del cespite pignorato nelle esecuzioni immobiliari, che potrà subire ribassi, nonché per le somme trattenute dai terzi pignorati nelle esecuzioni mobiliari che rimarrebbero necessariamente vincolate fino ad una pronuncia del Giudice dell’Esecuzione.