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Non è appellabile ma opponibile in sede esecutiva l’ordinanza del Giudice dell’esecuzione che dichiari la chiusura definitiva del processo esecutivo

La Corte di Cassazione, terza sezione civile, con sentenza n. 17440/2019 depositata il 28.6.2019, ha statuito che “l’ordinanza del Giudice dell’esecuzione che nell’ambito di un processo di esecuzione per obblighi di fare o non fare decida in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo e all’ammissibilità dell’azione esecutiva, deve ritenersi reclamabile quando lo abbia univocamente fatto solo in funzione di una sospensione della procedura, che resta pendente, in attesa dell’esito del giudizio di merito da instaurare; mentre è opponibile ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., laddove abbia dichiarato la definitiva chiusura del processo esecutivo, sicché in nessun caso è peraltro possibile la proposizione dell’appello”.

Nel caso di specie, era stato adito il Giudice dell’esecuzione con ricorso ai sensi dell’art. 612 c.p.c. per ottenere l’esecuzione degli obblighi di fare disposti con una sentenza di primo grado che, nell’ambito di una controversia tra confinanti proprietari di terreni agricoli, ordinava l’apposizione dei cippi relativi ai confini e condannava la controparte alla ricostruzione di una canalina irrigua che era stata abbattuta.

Nel costituirsi nel procedimento esecutivo, la controparte (soggetto passivo dell’obbligo di fare) eccepiva che l’ordine giuridico contenuto nella sentenza era incerto, non consentendo d’individuare univoche modalità attuative.

Il Giudice dell’esecuzione disponeva, pertanto, l’incarico a un Consulente Tecnico d’Ufficio, al fine di accertare le concrete modalità di esecuzione del comando di cui alla sentenza di primo grado, da realizzarsi per mezzo dell’Ufficiale Giudiziario.

Il Consulente rappresentava, tuttavia, le difficoltà connesse all’eseguibilità della sentenza poiché i confini, come indicati nella pronuncia, non erano corrispondenti ai confini reali e poiché vi era stato, nel frattempo, un mutamento dello stato dei luoghi.

All’esito degli accertamenti peritali, con una prima ordinanza, il Giudice dell’esecuzione dichiarava allo stato ineseguibile la sentenza.

Con successiva ordinanza, emessa a seguito dei chiarimenti comunicati dal CTU, il Giudice dell’esecuzione invitava le parti a depositare un’interpretazione condivisa della sentenza, affermando che “è precluso al G.E. interpretare nel merito il titolo dovendo solo pronunciarsi sulle modalità di esecuzione” e che “in difetto, dichiarerà la sentenza ineseguibile per i motivi già esposti”.

Con terza e ultima ordinanza il Giudice dell’esecuzione, ritenuto non raggiunto l’accordo tra le parti, dichiarava ineseguibile la sentenza e improcedibile l’esecuzione.

Il ricorrente impugnava, pertanto, le tre ordinanze avanti alla Corte d’Appello, la quale dichiarava preliminarmente l’ammissibilità dell’appello e, nel merito, statuiva sull’eseguibilità della sentenza.

La Corte d’Appello giustificava l’appellabilità delle ordinanze del Giudice dell’esecuzione sul presupposto che l’ultima, nel dichiarare improcedibile l’esecuzione, avrebbe statuito sul diritto della parte istante a procedere, dichiarando non eseguibile il comando portato dal titolo esecutivo, con ciò pronunciandosi sulla portata sostanziale del titolo esecutivo.

A seguito dell’impugnativa in Cassazione della sentenza della sentenza emessa dalla Corte d’Appello, la Suprema Corte ha invece rilevato come il Giudice dell’esecuzione abbia posto termine al procedimento per una causa atipica, senza aver dato luogo ad alcun incidente di natura cognitiva, diversamente dai provvedimenti emessi ai sensi dell’art. 612 c.p.c. con i quali il Giudice, nel determinare le modalità dell’esecuzione dirime anche una controversia insorta fra le parti in ordine alla portata del titolo esecutivo e all’ammissibilità dell’azione esecutiva intrapresa.

Con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione ha inteso dare seguito al principio espresso con le sentenze n. 7402/2017 e n. 10946/2018, le quali già avevano confermato la non appellabilità dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione emessa ai sensi dell’art. 612 c.p.c. quando si tratti di provvedimento atipico a definitiva chiusura della procedura esecutiva, con conseguente esclusiva opponibilità ai sensi dell’art. 617 c.p.c.

Pubblicato il 10 luglio 2019