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CLAUSOLE CLAIMS MADE: LE SEZIONI UNITE SI PRONUNCIANO NUOVAMENTE

Le Sezioni Unite della Cassazione si sono nuovamente espresse sull’annosa questione delle clausole claims made, con sentenza n. 22437 del 24.9.2018, da un lato confermando la tipicità legale, la liceità e la non vessatorietà, dall’altro affermando che il giudizio di meritevolezza non è necessario in quanto relativo ai contratti atipici mentre il modello assicurativo basato su tali clausole è da ritenersi ormai tipizzato.

Le claims made (letteralmente: a richiesta fatta), sono clausole di larga diffusione nei contratti assicurativi che derogano allo schema tipico posto dall’art. 1917 c.c.L’art. 1917 c.c. (assicurazione della responsabilità civile) prevede l’obbligo dell’assicuratore di tenere indenne l’assicurato in relazione ai fatti che si siano verificati durante il periodo di efficacia del contratto (“in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione”).In linea generale, invece, le clausole claims made prevedono che la copertura assicurativa sia operante solo quando l’evento dannoso sia stato oggetto di richiesta risarcitoria (e conseguentemente denunciato alla compagnia assicuratrice) nel periodo di vigenza del contratto.In sostanza, tali clausole delimitano il rischio assicurato facendo discendere la copertura assicurativa non ai fatti avvenuti durante il periodo di assicurazione, bensì alle richieste risarcitorie pervenute all’assicurato (e conseguenti denunce di quest’ultimo) durante il periodo di assicurazione.

Vi sono in realtà nella prassi assicurativa diverse tipologie di clausole claims made.

Nel nostro ordinamento, hanno avuto grandissima diffusione soprattutto due differenti figure:

1) clausole c.d. pure: sono destinate a coprire tutte le richieste risarcitorie formulate nei confronti dell’assicurato nel periodo di vigenza della polizza, indipendentemente da quando si è realizzato l’evento dannoso.

2) clausole miste o impure: prevedono l’operatività della copertura assicurativa solo quando sia il fatto illecito sia la richiesta risarcitoria intervengano nel periodo di vigenza del contratto, in taluni casi con retroattività della garanzia in relazione alle condotte poste in essere in epoca anteriore alla stipulazione della polizza (in genere due o tre anni dalla stipula del contratto).

La sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 22437 del 24.9.2018, prende le mosse dall’ordinanza di rimessione della terza sezione della Corte n. 1465 del 19.1.2018 (nel caso di specie si tratta di danneggiamento di merci a causa del crollo di una gru in un cantiere), la quale aveva rimesso alle Sezioni Unite due specifiche questioni.

Primo quesito: se nell’assicurazione della responsabilità civile sia consentito alle parti convenire che per “sinistro” debba intendersi un evento diverso dalla causazione di un danno a terzi da parte dell’assicurato-responsabile, quale la ricezione di una richiesta di risarcimento proveniente dal danneggiato. Ossia è ammissibile una definizione pattizia di “sinistro”? In estrema sintesi, sulla prima questione, la Corte remittente ha affermato che assicurato ed assicuratore, seppur liberi di scegliere quali rischi assicurare e come assicurarli, non hanno, invece, la facoltà di pattuire che per “sinistro” debba intendersi un evento dannoso. Ciò in quanto l’art. 1882 c.c., nel specificare la nozione di “assicurazione” identifica il sinistro con un fatto pregiudizievole, con un evento dannoso (specificando l’obbligo di rivalere l’assicurato del danno ad esso prodotto da un sinistro). Inoltre, il sinistro dovrebbe avere i caratteri dell’incertezza e l’assicurato deve avere un interesse contrario al verificarsi del danno. Se per sinistro si intende la richiesta risarcitoria, l’assicurato avrebbe interesse a che tale richiesta sia formulata in quanto, in caso contrario, perderebbe la copertura assicurativa.

Secondo quesito: se la clausola che esclude la cd. garanzia postuma, ossia il diritto dell’assicurato all’indennizzo quando la richiesta di risarcimento gli pervenga dal terzo dopo la scadenza del contratto, in quanto pattuizione atipica, debba considerarsi o meno diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Sulla seconda questione, la Corte dell’ordinanza in commento, ritiene che deve considerarsi sempre immeritevole di tutela la clausola claims made qualora escluda il diritto dell’assicurato all’indennizzo in presenza di richiesta risarcitoria pervenuta dopo la scadenza del contratto (c.d. richieste postume).

Le Sezioni Unite hanno dato risposta a suddetti quesito enunciando il seguente principio di diritto:

«Il modello dell’assicurazione della responsabilità civile con clausole “on claims made basis”, che è volto ad indennizzare il rischio dell’impoverimento del patrimonio dell’assicurato pur sempre a seguito di un sinistro, inteso come accadimento materiale, è partecipe del tipo dell’assicurazione contro i danni, quale deroga consentita al primo comma dell’art. 1917 c.c., non incidendo sulla funzione assicurativa il meccanismo di operatività della polizza legato alla richiesta risarcitoria del terzo danneggiato comunicata all’assicuratore. Ne consegue che, rispetto al singolo contratto di assicurazione, non si impone un test di meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, ai sensi dell’art. 1322, secondo comma, c.c., ma la tutela invocabile dal contraente assicurato può investire, in termini di effettività, diversi piani, dalla fase che precede la conclusione del contratto sino a quella dell’attuazione del rapporto, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili implicati, ossia (esemplificando): responsabilità risarcitoria precontrattuale anche nel caso di contratto concluso a condizioni svantaggiose; nullità, anche parziale, del contratto per difetto di causa in concreto, con conformazione secondo le congruenti indicazioni di legge o, comunque, secondo il principio dell’adeguatezza del contratto assicurativo allo scopo pratico perseguito dai contraenti; conformazione del rapporto in caso di clausola abusiva (come quella di recesso in caso di denuncia di sinistro)».

La Cassazione conferma quindi, in linea con le precedenti pronunce, la tipicità legale del modello assicurativo con clausole claims made, in quanto praticato “per la copertura dai rischi per danni da eziologia incerta e/o caratterizzati da lungolatenza” nonché la liceità delle stesse.

La Corte ribadisce poi la natura non vessatoria delle claims made in quanto delimitano l’oggetto del contratto e non sono limitative della responsabilità.

Diverso è invece l’approccio della pronuncia in commento, rispetto alle precedenti, con riferimento al giudizio di meritevolezza ex art. 1322 c. 2 c.c,, da ritenersi superato poiché ancorato al all’atipicità contrattuale, mentre il modello assicurativo basato sulle claims made è ormai tipizzato.

Il Giudice di merito dovrà, tuttavia, in applicazione dell’art. 1322, comma 1 c.c., condurre il controllo sul regolamento contrattuale il quale non deve violare i limiti imposti dalla legge. Le Sezioni Unite precisano che il superamento del giudizio di meritevolezza non pregiudica il controllo su eventuali squilibri contrattuali, quali i cd. “buchi di copertura”, poiché l’ordinamento appresta altri rimedi. Si pensi all’inosservanza degli obblighi informativi da parte dell’impresa assicuratrice, che può determinare una responsabilità precontrattuale (artt. 1337 e 1338 c.c.) oppure ai vizi del consenso con conseguente annullabilità del contratto.

La Corte precisa, inoltre, che il giudice di merito deve valutare se in concreto gli interessi delle parti abbiano trovato l’equilibrio sinallagmatico tra le reciproche prestazioni, in relazione allo scopo pratico perseguito. In un tale quadro interpretativo dovrebbe, pertanto, ritenersi abusiva la clausola che consenta all’assicuratore il recesso al verificarsi di un sinistro compreso tra i rischi assicurati.

In conclusione, con la sentenza n. 22437 del 24.9.2018, le Sezioni Unite si sono parzialmente discostate dal precedente orientamento espresso con la sentenza n. 9140 del 6 maggio 2016 e poi con la sentenza, n. 24645 del 2 dicembre 2016, con riferimento al giudizio di meritevolezza.

Le precedenti pronunce avevano, infatti, affermato che, il modello negoziale delineato dalle clausole claims made, configura un contratto atipico e che l’atipicità dell’operazione negoziale richiede un vaglio di meritevolezza ai sensi dell’art. 1322 c.c. comma 2, in relazione agli interessi tutelati, con conseguente particolare attenzione per le clausole miste o impure, in ragione del pericolo di creare dei periodi non coperti dalla garanzia assicurativa e di conseguenza il rischio di dar vita a squilibri contrattuali.

La recente sentenza, invece, cristallizza definitivamente tali modelli negoziali nell’ambito dei contratti tipici, con conseguente superamento del vaglio di meritevolezza, salvo il necessario controllo in concreto della conformità ai limiti imposti dalla legge.

Pubblicato il 1 ottobre 2018