Con nota del 1.3.2021 l’Inail ha chiarito che, secondo le attuali previsioni normative, anche il lavoratore che contrae il Covid, pur avendo rifiutato di sottoporsi il vaccino, gode della tutela assistenziale infortunistica.
La questione è stata, di recente, posta dal Policlinico San Martino di Genova, ove una parte del personale infermieristico ha rifiutato la somministrazione del vaccino.
Si tenga presente che, con Decreto Legge n. 18 del 17.3.2020, è stata introdotta la tutela infortunistica nei casi accertati di infezione da Covid-19 contratta in occasione di lavoro, con conseguente equiparazione agli infortuni sul lavoro.
La direzione Regionale della Liguria ha, pertanto, chiesto all’Inail di chiarire se il contagio del lavoratore che ha rifiutato il vaccino debba comunque considerarsi infortunio sul lavoro, come tale sottoposto a tutela Inail, oppure debba considerarsi semplice malattia e, come tale, sottoposta a tutela Inps.
La questione assume una certa rilevanza per il datore di lavoro, essendo diverse le discipline da applicare, diversi gli iter burocratici da seguire e, diversi, infine, gli stessi Enti competenti.
Anche il lavoratore gode di un diverso trattamento economico a seconda che si tratti di malattia o d’infortunio, poiché solo in quest’ultimo caso può ricevere un indennizzo.
Con la citata nota del 1.3.2021 il Presidente dell’Inail ha affermato: “Il rifiuto di vaccinarsi, configurandosi come esercizio della libertà di scelta del singolo individuo rispetto a un trattamento sanitario, ancorché fortemente raccomandato dalle autorità, non può costituire una ulteriore condizione a cui subordinare la tutela assicurativa dell’infortunato». «Sebbene il rifiuto di vaccinarsi non corrisponda al pressante invito formulato da tutte le autorità sanitarie per l’efficace contrasto della pandemia questo non preclude in alcun modo, in base alle regole consolidate, l’indennizzabilità dell’infortunio in caso di contagio in occasione di lavoro. Il rifiuto di sottoporsi al vaccino, espressione comunque della libertà di scelta del singolo individuo, non può comportare l’esclusione per l’infortunato dalla tutela Inail».
La posizione assunta dall’INAIL è, in effetti, coerente con il quadro normativo in materia.
Non vi è, infatti, un obbligo imposto per legge a sottoporsi al vaccino Covid.
L’Inail, con la nota in commento, segnala anche che la Giurisprudenza, ormai consolidata, ha confermato l’obbligo alla copertura assicurativa anche nei casi in cui un lavoratore tenga comportamenti colposi contribuendo con la propria condotta ad esporsi al contagio, come ad esempio nel caso di mancato utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.
Un tale comportamento, secondo la Giurisprudenza, esclude la responsabilità dei datori di lavoro (si pensi al cosiddetto danno differenziale) ma non esime l’Inail dal riconoscere comunque la tutela assistenziale.
Non è comunque da escludersi che, in questi casi, il datore di lavoro possa adibire il lavoratore ad altre mansioni che comportino un minore rischio di contagio.
L’Inail ha, infine, precisato che il rifiuto di sottoporsi al vaccino Covid non consente neppure d’invocare il cosiddetto “rischio elettivo” per negare la copertura infortunistica, dal momento che “il rischio di contagio non è certamente voluto dal lavoratore e la tutela assicurativa opera se e in quanto il contagio sia riconducibile all’occasione di lavoro”.
Il rischio elettivo è, infatti, una delle cause di esclusione dalla tutela infortunistica Inail, da non confondersi con la negligenza, imprudenza e/o imperizia in relazione alle quali vi è, comunque, la copertura infortunistica.
Secondo la Giurisprudenza della Corte di Cassazione per rischio elettivo s’intende un comportamento del lavoratore del tutto abnorme rispetto il fine lavorativo o, comunque, non legato a necessità particolari certificate/certificabili o a cause di forza maggiore.
A fronte di un’interpretazione così restrittiva, sarebbe davvero arduo identificare nel rischio elettivo la volontà del lavoratore di non vaccinarsi.
Il rifiuto di vaccinarsi, a fronte dell’assenza di un obbligo imposto per legge, rimane pur sempre una libera scelta, seppur discutibile.
E’ pur vero che stiamo affrontando una pandemia e che certe categorie di lavoratori, come il personale sanitario, sono più esposti al rischio di contagiarsi e sono, nel contempo, a contatto costante con soggetti deboli (persone anziane e malate), il cui contagio comporta maggiori complicanze.
A ciò si aggiunga che del personale sanitario, oggi più che mai, abbiamo estrema necessità, per cui è fondamentale la loro presenza sul lavoro.
Vi sono, pertanto, categorie di lavoratori nei confronti delle quali il legislatore dovrebbe seriamente valutare un’imposizione (sempre nel rispetto di certificate controindicazioni di salute individuali), necessitata dall’attuale situazione emergenziale che, come ben sappiamo, già ha comportato l’inevitabile compressione delle libertà garantite dalla Costituzione.
Polizze infortuni
Come noto, le società assicuratrici si sono attivate per promuovere sul mercato prodotti assicurativi che prevedano una copertura ad hoc per la nuova patologia oppure estensioni di polizze già in essere.
Normalmente tali polizze prevedono l’esclusione della copertura assicurativa per condotta dolosa o gravemente colposa (si pensi alla violazione del divieto d’indossare la mascherina ove imposto).
In presenza di una tale clausola, la società assicurativa potrebbe negare la copertura anche nel caso in cui l’assicurato, pur rientrando nelle categorie particolarmente a rischio, abbia rifiutato di sottoporsi al vaccino.
Pubblicato il 8 marzo 2021