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La Corte di Cassazione chiarisce forma e termini della domanda riconvenzionale cd. “trasversale”

 

 

Con ordinanza del 2 febbraio 2022, pubblicata il 23 marzo 2022, la Sesta Sezione della Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla domanda riconvenzionale cd. trasversale, ossia quella domanda formulata da un convenuto nei confronti di un altro convenuto, statuendo che la stessa è assoggettata alle forme e ai termini previsti dal codice di procedura civile per la proposizione della domanda riconvenzionale “in senso stretto” (con ciò intendendosi quella formulata dal convenuto nei confronti dell’attore), con conseguente inapplicabilità dell’art. 269 c.p.c. Invero, nelle ipotesi di cui alle lettere a)-c), non si può esigere l’impiego delle forme prescritte per la chiamata in causa del terzo “per l’evidente ragione” che non può configurarsi una “chiamata in causa” nei confronti di un soggetto che è già parte del giudizio, risultando, dunque, sufficiente e corretto formulare la domanda riconvenzionale trasversale nella comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata, con l’unica precisazione che, qualora il convenuto destinatario della stessa risulti contumace, allora detta comparsa dovrà essergli notificata.

Il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte origina da un giudizio promosso innanzi al Tribunale di Ragusa contro l’ASL dell’omonima città, nonché contro il sanitario operante presso detta struttura, per ottenere la loro condanna al risarcimento di un danno neurologico, patito dall’attore a causa dell’imperita esecuzione dell’intervento chirurgico a suo tempo occorso. La ASL, in sede di costituzione, oltre a negare ogni addebito chiamava in causa la compagnia assicurativa il cui contratto di assicurazione prevedeva la copertura della responsabilità civile sia della struttura ospedaliera che dei sanitari ivi esercenti la professione medica. Il sanitario formulava domanda di garanzia nei confronti della predetta compagnia assicurativa. Il Tribunale di Ragusa accoglieva sia la pretesa dell’attore che la domanda di garanzia spiegata dalla ASL, mentre dichiarava inammissibile la domanda di garanzia promossa dal sanitario convenuto.

Nel successivo giudizio di secondo grado, il sanitario si doleva della dichiarazione di inammissibilità della domanda di garanzia proposta avverso la società assicuratrice, la quale, peraltro, aveva accettato il contraddittorio nei suoi confronti, ma la Corte d’Appello di Catania ha rigettato il gravame sul punto, affermando che correttamente il giudice di primo grado aveva dichiarato inammissibile la domanda di garanzia svolta dal sanitario, non avendo quest’ultimo effettuato la chiamata in causa dell’assicuratore nelle forme e nei termini dell’art. 269 c.p.c. decadendo, così, dal diritto di essere manlevato.

La pronuncia qui in esame, pur aderendo all’orientamento maggioritario (spec. Cass. 12558/1999 e 6846/2017), si inserisce in un contesto di giurisprudenza di merito alquanto variegato, in cui accanto alle due posizioni opposte (ovvero quella che equipara la domanda trasversale alla riconvenzionale in senso stretto e, dall’altra parte, quella che invece richiede l’osservanza della forma della chiamata di terzo), si ravvisano approdi intermedi, che tengono in considerazione anche l’entità della connessione della domanda trasversale rispetto al titolo dedotto in giudizio, approdi che francamente paiono aprire le porte a decisioni del tutto imprevedibili.

La stessa Corte di Cassazione, meno di un anno fa, si era espressa in termini esattamente opposti rispetto alla soluzione qui prospettata (Cass., Sez. I, 12 maggio 2021, n. 12662,).

Il pregio della pronuncia in esame, oltre a risultare del tutto condivisibile nel merito, risiede nell’essere estremamente concisa, e proprio per questo chiarificatrice, non lasciando spazi ad interpretazioni diverse da quella adottata: “la domanda proposta dal convenuto nei confronti di altro convenuto non esige le forme prescritte per la chiamata in causa del terzo, per l’evidente ragione – a tacer d’altro – che è fuori luogo discorrere di “chiamata in causa” rispetto ad un soggetto che è già parte del giudizio” e ancora “Non è, invece, necessario che la riconvenzionale “trasversale” sia fondata sui medesimi fatti posati dall’attore principale a fondamento della sua domanda”.

È pertanto auspicabile che avvocati e giudici si conformino a questo arresto, e che a valle del medesimo non si rinvengano altre pronunce contrastanti.