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Le sentenze gemelle del febbraio 2022 delle Sezioni Unite: poteri del CTU e nullità della perizia

In meno di un mese, le Sezioni Unite tornano, per la seconda volta, a pronunciarsi in materia di poteri del consulente tecnico d’ufficio, con particolare riferimento alla consulenza tecnica contabile, delineandone natura, funzione e limiti, anche in relazione alla tipologia di nullità che colpisce la perizia viziata.

La sentenza n. 6500 del 28 febbraio 2022, ricalcando in larga parte il complesso iter argomentativo della sua “gemella” n. 3086 del 1° febbraio 2022, costituisce la prima e, nel contempo, la più autorevole applicazione dei principi di diritto che quest’ultima aveva enunciato nell’interesse della legge, ossia senza utilizzarli per decidere sul corrispondente motivo di ricorso, dichiarato inammissibile.

La vicenda esaminata dalla Corte di Cassazione, nella sua massima formazione, ha ad oggetto la domanda, avanzata da un correntista e dai suoi fideiussori, di rideterminare la propria esposizione debitoria nei confronti di una banca, per effetto della nullità di varie clausole (interessi uso piazza, anatocismo, commissione di massimo scoperto) di un contratto di conto corrente affidato.

L’istituto di credito, costituendosi in giudizio, proponeva domanda riconvenzionale di condanna degli attori al pagamento delle somme loro imputate a titolo di saldo passivo.

Il Tribunale adito disponeva l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio, incaricando il perito di ricostruire l’andamento dei rapporti esistenti tra le parti, anche attraverso l’acquisizione dei documenti mancanti, rispetto a quelli già agli atti.

Durante l’espletamento dell’incarico, il CTU rinveniva un documento contrattuale, nella specie una richiesta di fido, contenente la previsione pattizia del calcolo degli interessi passivi e, come tale, rilevante ai fini della decisione della causa in senso sfavorevole al correntista ed ai suoi garanti.

Le parti apprendevano dell’esistenza di detto documento solo dalla lettura della bozza di relazione, ma i CTP, in sede di osservazioni, non formulavano alcuna obiezione in ordine alla sua acquisizione.

Solo all’udienza fissata per l’esame della consulenza tecnica d’ufficio, la difesa attorea eccepiva la tardiva introduzione del documento in giudizio, peraltro avvenuta senza il consenso delle parti.

Il Giudice di primo grado, dopo aver evidenziato che eventuali profili di invalidità della CTU dovevano ritenersi sanati per acquiescenza della parte interessata, in adesione alle risultanze peritali accoglieva parzialmente entrambe le domande, condannando i clienti a pagare alla banca quanto di spettanza.

Il gravame proposto dai soccombenti non superava il vaglio del filtro in appello; gli stessi, pertanto, ricorrevano in Cassazione avverso l’ordinanza ex art 348 bis c.p.c. della Corte territoriale e la sentenza del Tribunale.

La questione rimessa alle Sezioni Unite è racchiusa nel secondo motivo di ricorso, con il quale il correntista ed i fideiussori censurano la decisione di primo grado per aver fatto proprie le conclusioni emergenti dalla consulenza tecnica contabile, nonostante l’ausiliario avesse introdotto nel processo la richiesta di fido in violazione dell’art. 198, comma 2 c.p.c. e, più in generale, del principio del contraddittorio.

Il lungo percorso interpretativo della sentenza in commento prende le mosse dall’analisi del contrasto esistente tra i contrapposti orientamenti della giurisprudenza di legittimità in tema di natura giuridica della nullità della consulenza tecnica d’ufficio.

Secondo l’indirizzo tradizionale, tutte le ipotesi di nullità della CTU – ivi ricompresa quella dovuta all’eventuale allargamento dell’indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente, nonché quella dell’avere tenuto indebitamente conto di documenti non ritualmente prodotti in causa – hanno sempre carattere relativo e, pertanto, devono essere fatte tempestivamente valere dalla parte interessata, restando altrimenti sanate (da ultimo, Cass., sez. III, 15 giugno 2018, n. 15747).

Al summenzionato orientamento si contrappone l’impostazione seguita dalla più recente, ma isolata, pronuncia della Terza Sezione della Suprema Corte n. 31886 del 6 dicembre 2019, secondo la quale non solo lo svolgimento di indagini peritali su fatti estranei al thema decidendum della controversia, ma anche l’acquisizione su iniziativa dell’ausiliare della prova documentale di fatti costitutivi delle domande o eccezioni cagionano la nullità assoluta della consulenza tecnica, rilevabile d’ufficio e non sanabile per acquiescenza delle parti.

Le Sezioni Unite, prima di soffermarsi sulla forma della nullità che colpisce la CTU, ritengono opportuno approfondire quale sia la portata dei poteri del perito d’ufficio, anche alla luce dell’investitura pubblicistica che la figura ha subito nel passaggio dal codice del 1985 al codice vigente, ove la consulenza tecnica si è trasformata in uno strumento a disposizione del giudice e del superiore interesse della giustizia.

Secondo gli Ermellini, infatti, è ravvisabile una convergenza tra l’attività del consulente e quella del giudice, che procede alla nomina dell’ausiliario quando reputi necessario disporre di particolari competenze tecniche, sicché “le indagini che il consulente è incaricato di svolgere su mandato del giudice sono le stesse che il giudice svolgerebbe se fosse provvisto delle cognizioni tecniche richieste nel caso specifico”.

A parziale temperamento dell’affermazione maggioritaria, secondo cui il consulente non può in nessun caso investigare i c.d. “fatti avventizi”, le Sezioni Unite evidenziano che se non si può contestare al giudice la rilevazione dei fatti (non costitutivi ma) impeditivi, modificativi, estintivi della pretesa, ove questi non siano stati oggetto dell’attività deduttiva delle parti, ma comunque emergano dagli atti di causa, non si può neppure opporgli che di tali fatti egli abbia avuto contezza tramite le indagini svolte dal CTU.

E ciò con l’obiettivo costituzionalmente orientato di garantire, in applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., nonché dell’art. 6 CEDU, “una maggiore rilevanza allo scopo del processo che non è e non può essere rigida applicazione di regole, segnatamente, di ordine formale che quel diritto ingiustamente penalizzino, ma deve mirare a garantire attraverso una pronuncia sul merito della contesa, l’interesse delle parti al conseguimento di una decisione per quanto più è possibile giusta”.

Tanto chiarito, il Supremo Consesso prende le distanze dalla decisione n. 31886/2019, nella parte in cui quest’ultima finisce per applicare all’attività del perito il regime preclusivo imposto alle parti, ove afferma che consentire al consulente di acquisire documenti anche dopo lo spirare delle preclusioni istruttorie condurrebbe ad un’interpretatio abrogans dell’art. 183, comma 6 c.p.c.

Con l’obiettivo di confutare la tesi in parola, le Sezioni Unite ribadiscono che i poteri di cui il CTU dispone promanano direttamente dal giudice, ai cui poteri ufficiosi certamente non si applicano le preclusioni processuali ordinariamente vigenti a carico delle parti (in tal senso si vedano, gli artt. 118 e 213 c.p.c. e 2711 c.c.).

Nel quadro così delineato, il consulente potrà effettuare, nel rispetto dei principi della domanda e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, oltre che nei limiti dell’investigazione commissionatagli dal giudice, tutti gli approfondimenti istruttori che appaiono necessari per rispondere ai quesiti sottopostigli, anche mediante acquisizione di documenti nuovi, a condizione che essi abbiano ad oggetto fatti accessori rispetto alle pretese delle parti (ovvero, come già ricordato, fatti impeditivi, modificativi ed estintivi rilevabili d’ufficio).

Diverso è il caso delle consulenze altamente specializzate, in materie che richiedono l’esame di registri e documenti contabili.

Con riferimento alla CTU contabile in materia bancaria, la pronuncia in commento dimostra di dissentire anche dall’interpretazione tradizionale dell’art. 198 c.p.c., in base alla quale il consulente può procedere, con il consenso delle parti, all’esame dei documenti non prodotti solo a patto che si tratti, in accordo con la regola generale di cui sopra, di documenti accessori, utili a consentire una risposta più esauriente al quesito formulato.

Tale indirizzo, infatti, condurrebbe, di fatto, alla mortificazione della ratio di specialità dell’art. 198 c.p.c., con l’effetto paradossale di gravare l’attività investigativa del perito contabile, rispetto a quella di qualsiasi altro perito, di un ulteriore onere formale (il consenso delle parti).

Al contrario, chiariscono le Sezioni Unite, “la specialità dell’art. 198 c.p.c. sta nel consentire espressamente al consulente contabile l’esame di documenti non prodotti in giudizio, anche se questi riguardino fatti principali ordinariamente soggetti ad essere provati per iniziativa delle parti”.

Su queste ultime considerazioni si innesta la risposta che la Suprema Corte fornisce al quesito posto dall’ordinanza interlocutoria.

Se l’acquisizione del documento rinvenuto dall’ausiliario, che abbia ad oggetto fatti accessori, avviene in violazione del contraddittorio delle parti oppure – così implicitamente afferma la sentenza – se l’acquisizione del documento rinvenuto dal CTU contabile, che abbia ad oggetto anche fatti principali, avviene senza il consenso delle parti previsto dall’art. 198 c.p.c., un siffatto vizio sarà fonte di nullità relativa dell’elaborato e come tale sarà sanabile ai sensi dell’art. 157, comma 2 c.p.c.

Ricorrerà, invece, la nullità assoluta solo nelle ipotesi in cui il consulente accerti, anche mediante la ricerca di documenti, fatti principali diversi da quelli dedotti dalle parti e altresì non rilevabili d’ufficio, in violazione del principio della domanda e del principio dispositivo, che costituisce un vincolo insormontabile anche per il giudice.

Nonostante la pregiata ricostruzione della funzione svolta dalla consulenza tecnica d’ufficio nel sistema processualcivilistico, suscitano perplessità i risultati cui perviene la sentenza n. 6500/2022, facendo applicazione dei principi di diritto testé enunciati al caso di specie.

Invero, premesso che, sulla base della corretta interpretazione dell’art. 198 c.p.c., nella fattispecie esaminata il CTU contabile aveva legittimamente acquisito motu proprio un documento non prodotto (i.e. la richiesta di fido), benché comprovante fatti principali allegati dalle parti, le Sezioni Unite deducono che l’acquisizione operata senza contraddittorio avrebbe dovuto essere denunciata ad istanza delle medesime parti nella prima difesa utile.

Sorprende, tuttavia, che quest’ultima venga fatta coincidere dagli Ermellini non già con l’udienza di esame della perizia definitiva, alla quale presenziano i difensori delle parti, bensì con le osservazioni alla bozza di perizia stessa, operate dai consulenti tecnici di parte.

In altri termini, l’onere di contestare l’ingresso nel giudizio di documenti, anche contrattuali, appresi dal CTU senza il consenso delle parti viene attribuito dai giudici di legittimità ad una figura, quella del CTP, non necessariamente dotata di conoscenze di tipo giuridico e/o procedurale, dalla quale viene fatta dipendere l’eventuale rinuncia a far valere la nullità della consulenza d’ufficio.

Pare in ogni caso possibile affermare che gli argomenti toccati e in buona parte sviscerati dalle Sezioni Unite imporranno grande attenzione nello svolgimento delle prossime CTU – in particolare da parte dei CTP – e avranno certamente bisogno di ulteriori approfondimenti da parte della giurisprudenza di merito, con riferimento alla casistica concreta.

Per completezza espositiva, si riportano di seguito i cinque principi di diritto enunciati dalle sentenze “gemelle” del febbraio 2022.

“In materia di consulenza tecnica d’ufficio, il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può accertare tutti i fatti inerenti all’oggetto della lite il cui accertamento si rende necessario al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non si tratti dei fatti principali che è onere delle parti allegare a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti fatti principali rilevabili d’ufficio”.

“In materia di consulenza tecnica d’ufficio il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a carico delle parti, tutti i documenti che si rende necessario acquisire al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che essi non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e, salvo quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio”.

“In materia di esame contabile ai sensi dell’art. 198 c.p.c., il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza della disciplina del contraddittorio delle parti ivi prevista, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, tutti i documenti che si rende necessario acquisire al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, anche se essi siano diretti a provare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda e delle eccezioni”.

“In materia di consulenza tecnica d’ufficio, l’accertamento di fatti diversi dai fatti principali dedotti dalle parti a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d’ufficio, o l’acquisizione nei predetti limiti di documenti che il consulente nominato dal giudice accerti o acquisisca al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli in violazione del contraddittorio delle parti è fonte di nullità relativa rilevabile ad iniziativa di parte nella prima difesa o istanza successiva all’atto viziato o alla notizia di esso”.

“In materia di consulenza tecnica d’ufficio, l’accertamento di fatti principali diversi da quelli dedotti dalle parti a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d’ufficio, che il consulente nominato dal giudice accerti nel rispondere ai quesiti sottopostigli dal giudice viola il principio della domanda ed il principio dispositivo ed è fonte di nullità assoluta rilevabile d’ufficio o, in difetto, di motivo i impugnazione da farsi a valere ai sensi dell’art. 161 c.p.c.”.

Pubblicato il 15 marzo 2022