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L’EMERGENZA SANITARIA DA COVID-19 COSTITUISCE CAUSA DI FORZA MAGGIORE?

Introduzione

In ambito civilistico, qual è la rilevanza giuridica dell’emergenza sanitaria da Covid-19?

Come è ben noto, il diffondersi del coronavirus ha comportato l’adozione in Italia di una serie di provvedimenti extra-ordinem di normazione d’urgenza, tra i quali, da ultimo, il D.P.C.M. del 22 marzo 2020, con il quale sono state decretate misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale, limitative, a vario titolo, dello svolgimento delle attività d’impresa e dei rapporti tra privati in genere.

È fisiologico che queste misure si ripercuotano sulle singole vicende contrattuali in corso e sulle conseguenze di un eventuale inadempimento. In particolare, esse potranno rilevare, ai sensi della disciplina internazionale e/o nazionale applicabile, come causa di forza maggiore.

La forza maggiore nella contrattualistica internazionale

La normativa commerciale internazionale contempla e disciplina la fattispecie della forza maggiore il cui operare consente alle Parti appartenenti a Stati diversi di andare esenti da responsabilità nei casi in cui il proprio inadempimento sia da ricondurre causalmente al verificarsi di uno degli eventi inquadrabili in tale istituto.

In particolare, si occupano della “forza maggiore” i seguenti testi normativi internazionali:

– la “Clausola di forza maggiore 2003” –  elaborata dalla Camera di Commercio Internazionale (“ICC Force Majeure Clause 2003”) – secondo la quale, in via generale, risulta integrata la fattispecie della “forza maggiore” nei casi in cui venga dimostrato che: a) l’inadempimento della Parte è da imputarsi ad un impedimento fuori dal suo ragionevole controllo; b) la Parte non poteva ragionevolmente essere tenuta a prendere in considerazione, nel momento in cui ha stipulato il contratto, il verificarsi di tale evento; c) la Parte non avrebbe potuto ragionevolmente evitare o superare gli effetti di tale impedimento.

La clausola in questione contiene poi un elenco dettagliato delle ipotesi integranti la fattispecie della “forza maggiore” ed, in particolare, alla voce “Atti di Dio” (“Act of God”) contempla proprio l’ipotesi delle “epidemie”.

Al verificarsi di uno degli eventi integranti la fattispecie (generale e/o particolare) di “forza maggiore”, la Parte inadempiente dovrà darne immediata comunicazione alla controparte (fornendo anche la prova dell’effettiva sussistenza della denunciata ipotesi di “forza maggiore”).

Per tutto il periodo di durata dell’impedimento, la Parte sarà esente da responsabilità per il mancato adempimento della propria obbligazione ma la stessa sarà tenuta ad adempiere la propria obbligazione non appena verrà meno la causa suddetta.

Ove la durata dell’impedimento superi un ragionevole lasso di tempo, così da privare una o entrambe le Parti di quanto potevano ragionevolmente attendersi in base al contratto, lo stesso verrà risolto;

– l’art. 7.1.7 dei “Principi Unidroit” (“Unidroit Principles of International Commercial Contracts” del 2006) che, a differenza della clausola ICC, si limita genericamente ad esentare da responsabilità la Parte inadempiente la quale dimostri che l’inadempimento è da imputarsi ad un impedimento fuori dal proprio controllo, non ragionevolmente prevedibile al momento della stipulazione del contratto, non superabile e le cui conseguenze risultano parimenti insuperabili;

– l’art. 8.108 dei “Principi di Diritto Contrattuale Europeo del 1997” (“Principles of European Contract Law”), che contiene una disciplina della forza maggiore analoga al richiamato art. 7.1.7 dei Principi Unidroit;

– l’art. 79, § 1, della “Convenzione sulla Vendita Internazionale di Beni Mobili” (cd. “Convenzione di Vienna del 1980”) il quale, analogamente ai due precedenti articoli da ultimo richiamati, identifica la “forza maggiore” in quegli accadimenti che presentano le seguenti tre caratteristiche: 1) estraneità dell’accadimento alla sfera di controllo della Parte inadempiente; 2) imprevedibilità dell’evento all’atto della stipulazione del contratto; c) insormontabilità del fatto impeditivo e delle sue conseguenze.

Alla luce della richiamata normativa, valutata l’applicabilità in concreto della disciplina di fonte internazionale al contratto, nonché la effettiva incidenza causale del coronavirus e dei provvedimenti conseguenziali sulla possibilità di adempiere alle proprie obbligazioni, il contraente potrà utilmente invocare la attuale epidemia al fine dell’esonero da responsabilità contrattuale per inadempimento o ritardo.

La forza maggiore nella disciplina nazionale

A differenza delle norme sul diritto internazionale dei contratti, sopra richiamate, l’ordinamento giuridico italiano non fornisce una definizione esplicita della causa di “forza maggiore”.

Dottrina e giurisprudenza sono tuttavia concordi nel definirla come quel fatto straordinario, imprevedibile ed inevitabile al quale non è oggettivamente possibile resistere e che non può essere superato con lo sforzo diligente del debitore. Essa non è addebitabile a quest’ultimo, in quanto non rientra nella sua sfera di dominio e controllo ed esula del tutto dalla sua possibilità di sforzo volontario diligente volto all’adempimento dei propri debiti.

Il suo effetto giuridico è quello di esonerare la condotta inadempiente resa necessaria dalla situazione di forza maggiore da responsabilità.

Infatti, al fine di esonerarsi dalle conseguenze dell’inadempimento delle obbligazioni, il debitore deve provare che l’inadempimento è stato determinato da “causa a sé non imputabile” (art. 1218 c.c.).

Come si è visto, la forza maggiore esclude una diversa volontà del soggetto, condizionandolo in maniera necessaria ad una determinata azione/omissione; dunque essa, se provata, rileva in astratto come causa non imputabile al debitore, e, ove renda impossibile eseguire la prestazione, potenzialmente idonea a escludere la responsabilità

Inoltre la forza maggiore, in quanto appunto impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile, estingue l’obbligazione liberando il debitore (art. 1256, 1° c., c.c.).

Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché’ essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento.

Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla (art. 1256, 2° c., c.c.).

Attuale emergenza da Covid-19 e inadempimento derivante da forza maggiore

Resta dunque da valutare se la attuale situazione di contagio e, soprattutto, le limitazioni disposte con i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri e con gli altri atti a vario titolo connessi e collegati siano tali da configurare la “causa di forza maggiore” e, quindi, da escludere la responsabilità nel caso di mancata esecuzione delle prestazioni incombenti.

A tale riguardo si deve considerare l’istituto dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione per “atto d’imperio  (così detto fatto del principe o factum principis): tra le cause invocabili ai fini dell'”impossibilità della prestazione” ex art. 1256 c.c., infatti, devono ricomprendersi gli ordini o i divieti sopravvenuti dell’autorità legislativa, amministrativa, giudiziaria, ovvero qualsivoglia atto di natura normativa che metta la parte obbligata sostanzialmente nell’impossibilità di adempiere senza ledere il divieto qualificato dalla norma; è verosimile ritenere che anche i provvedimenti da ultimo adottati siano “atti del principe (inteso come autorità amministrativa, legislativa o anche governativa, come nel caso di specie)” che, con la sospensione disposta, si situano tra le cause di impossibilità dell’adempimento non imputabili al debitore.

Per valutare, dunque, se una attuale scadenza contrattuale non vada assolta, essendosi estinta la obbligazione relativa, a causa dell’attuale stato delle cose, si tratterà di:

Verificare che i provvedimenti adottati dal governo abbiano concretamente avuto un impatto sulle obbligazioni contrattuali impedendone o ritardandone l’adempimento;
Accertarsi che la pandemia e i provvedimenti ad essa connessi rientrino nel concetto di forza maggiore in virtù della legge applicabile al contratto e dalla disciplina dell’accordo negoziale adottata dalle parti. Alcuni contratti possono infatti includere un elenco preciso di eventi o circostanze definiti come “forza maggiore”. Inoltre, è possibile che il debitore si accolli volontariamente anche suddetti casi di causa non imputabile, garantendo contro il relativo rischio.
In mancanza di previsione espressa, occorrerà adottare come riferimento i principi su esposti in via generale e le chiare indicazioni giurisprudenziali in materia.

Talora i contratti stabiliscono che la parte che intenda invocare la causa di forza maggiore debba notificarlo all’altra parte entro un certo intervallo di tempo o servendosi di uno specifico mezzo di comunicazione (posta raccomandata o p.e.c.).
Alcuni contratti potrebbero prevedere che, ove la sospensione della prestazione contrattuale di una delle due parti per causa di forza maggiore perduri più a lungo di un determinato periodo, la parte che deve ricevere la prestazione abbia la facoltà di risolvere il contratto.

La risoluzione per impossibilità della prestazione

Una volta inquadrata teoricamente la potenziale rilevanza dell’attuale emergenza sanitaria sui contratti, passiamo a valutare le forme di tutela collegate all’impossibilità sopravvenuta.

Nei contratti a prestazioni corrispettive, all’impossibilità che estingue l’obbligo che grava sul contraente impossibilitato ad adempiere segue subito una facoltà equilibratrice a favore della controparte: il diritto riconosciuto dagli artt. 1463 e ss. del c.c. di ottenere giudizialmente la cd. risoluzione del contratto.

L’art. 1463 c.c. afferma che “Nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito”, questo sempre che la controparte sia acquiescente e non si renda necessaria la pronuncia del giudice.

La giurisprudenza di merito ha riconosciuto che anche l’impossibilità di ricevere la prestazione dovuta a causa non imputabile al creditore, risolvendosi in impossibilità sopravvenuta, legittima l’applicazione del rimedio in esame (da ultimo, Cass. civ. Sez. III Ord., 29/03/2019, n. 8766; sulla sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione, con esonero delle parti dalle rispettive obbligazioni, conforme Cass. civ. Sez. III Sent., 20/12/2007, n. 26958).

Anziché definitiva, l’impossibilità della prestazione potrebbe essere solo temporanea. Può infatti accadere che l’ostacolo, di fatto o di diritto, che si oppone all’adempimento sia attualmente insormontabile, ma possa prevedersi che con il tempo esso sia destinato a venir meno; se così fosse, finché l’impossibilità perdura non vi sarebbe responsabilità nel ritardo (art. 1256, 2° e 3° c., c.c.).

Se la prestazione fosse invece divenuta solo parzialmente impossibile, il corrispettivo sarebbe giustificato solo per la parte corrispondente e dovrà essere ridotto: la risoluzione è dunque parziale.

Infine, l’art. 1463 c.c. prevede l’azione di ripetizione per il caso in cui la prestazione corrispettiva a quella divenuta impossibile sia già stata eseguita.

La risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta

Resta da considerare che non sempre l’attuale situazione emergenziale avrà avuto una incidenza tale sull’attività d’impresa o sui rapporti tra privati da integrare una situazione di impossibilità sopravvenuta con efficacia estintiva o potenzialmente risolutoria.

In particolare, i decreti dell’emergenza hanno esteso al 25 marzo 2020 la data (ormai trascorsa) per svolgere anche le ultime attività preliminari alla sospensione, comprese le attività di smistamento delle giacenze (comma 4 dell’articolo 1 del D.P.C.M 22 marzo 2020), sicché potrebbe darsi il caso di attività consentite, sebbene rientranti nelle categorie destinatarie della sospensione amministrativa generalizzata fino al decorrere di suddetta data; in una tale ipotesi, l’invocabilità della forza maggiore potrebbe essere messa in dubbio.

Nell’attesa che sia la giurisprudenza a chiarire termini e modalità specifiche di rilevanza di questa disposizione (art. 1, comma 4 su richiamato), occorre completare l’esame delle possibili ricadute giuridiche dei decreti dell’emergenza nei rapporti tra esercenti attività d’impresa e privati con un succinto accenno all’istituto della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, di cui all’art. 1467 e seguenti c.c., il quale concretamente potrebbe incidere sulla reale applicabilità della disciplina da ultimo citata, ove molto sfavorevole alle imprese destinatarie.

Quando tra il momento della stipulazione del contratto e quello della sua esecuzione intercorre un certo lasso di tempo (contratti ad esecuzione differita o periodica) si verificano talora, proprio in questo arco temporale, eventi che modificano l’originaria convenienza economica dell’operazione medesima, per una o entrambe le parti: ad esempio, aumentano i costi di produzione o spedizione, si verificano ritardi o altri inconveniente nel sistema dei trasporti etc. etc.

Poiché il contratto crea un rapporto giuridico tra le parti, con forza di legge tra queste ultime, solo eventi straordinari ed imprevedibili avranno l’effetto di consentire di ristabilire l’alterazione dell’equilibrio tra i contraenti, mediante la risoluzione o, talora, la riduzione del prezzo.

La risoluzione per eccessiva sopravvenuta onerosità si applica ai contratti che non siano contratti di rischio (cd. commutativi) e solo a condizione che l’avvenimento straordinario ed imprevedibile non ricada nella normale alea del contratto. Essa determina lo scioglimento del rapporto contrattuale, con conseguente estinzione degli obblighi gravanti sulle parti, salvo che la parte contro cui è domandato il rimedio offra la riduzione ad equità del contratto, con ricommisurazione delle prestazioni.

Nei contratti aleatori (es. assicurazione) il rischio è causa delle prestazioni delle parti, e, dunque, la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta non è esperibile.

Ad ogni modo, anche in questi ultimi contratti potrebbe essere prevista una delimitazione dei rischi garantiti, mentre, d’altra parte, come si è anticipato, nei contratti cd. commutativi (non aleatori) solo il superamento dell’alea normale giustifica il rimedio al quale stiamo accennando.

La rilevanza della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta varrebbe ad escludere ogni forma di responsabilità ove, ad esempio, l’adempimento preventivo alla chiusura dell’attività e nei termini indicati dal decreto governativo fosse possibile, ma altamente sconveniente, rispetto a quanto originariamente previsto ex contractu.

La responsabilità dei debitori alla luce dei decreti governativi emergenziali

A sostegno di questa lettura giuridica della attuale situazione emergenziale soccorrono alcune disposizioni degli ultimi provvedimenti governativi del marzo 2020, alla luce delle quali viene configurata per le imprese una impossibilità assoluta di adempimento delle obbligazioni.

Per quanto riguarda i contratti di diritto privato, il comma 4 dell’articolo 1 del D.P.C.M 22 marzo 2020 dispone: “Le imprese le cui attività sono sospese per effetto del presente decreto completano le attività necessarie alla sospensione entro il 25 marzo 2020, compresa la spedizione della merce in giacenza.” Dunque, il legislatore non ha assunto una posizione definita in tema di effetti giuridici dell’emergenza sui contratti pendenti di diritto privato.

Più specifico, invece, è quanto disposto con riferimento ai contratti pubblici.

In “materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici”, infatti, l’art. 91 del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, ha espressamente previsto che all’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6, si è inserito il seguente: “6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti  degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del  debitore,  anche  relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.”.

Come sopra esaminato, proprio l’esclusione della responsabilità debitoria è l’elemento qualificante l’istituto della forza maggiore, correttamente inquadrato nell’art. 1218 c.c., il che sembra corrispondere, quindi, alla costruzione sopra prospettata in applicazione dei principi del diritto privato italiano.

In via analogica, si potrebbe ipotizzare che, anche in materia di contratti di diritto privato, gli eventuali inadempimenti e/o ritardi potranno esser valutati ai fini dell’esclusione della responsabilità, ogniqualvolta determinati inevitabilmente dal rispetto delle misure emergenziali, e, infine, si potrebbe considerare in via residuale l’istituto della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, al fine di escludere un’indebita incidenza della emergenza sulla convenienza dei contratti pendenti.

La situazione emergenziale e i contratti di assicurazione

Alla luce di quanto sopra esposto, se si analizzano le dinamiche del mercato assicurativo, la forza maggiore verrà, probabilmente, invocata da numerosi assicurati.

Le Compagnie di assicurazione, pertanto, dovranno tutelarsi da richieste “abusive”, richiamandosi ai principi generali sopra richiamati, nonché ad eventuali disposizioni specifiche che il Legislatore presumibilmente emanerà a seguito dell’emergenza da COVID-19.

A tal proposito, appare necessario soffermarsi sull’effettivo diritto al risarcimento del danno che richiederanno i contraenti di polizza al fine di evitare insorgenza di un abuso del diritto.

In particolare, la Compagnia dovrà indagare se vi sia stata un’effettiva impossibilità nell’esecuzione della prestazione o se l’assicurato abbia posto in essere tutte le azioni possibili per evitare il danno.

Inoltre, si dovrà valutare se non esistevano misure ragionevoli ad evitare l’evento dannoso o le sue conseguenze.

Il nesso causale tra forza maggiore e danno dovrà essere, pertanto, valutato in concreto.

Da tenere in considerazione è anche l’onere di notifica con cui i contraenti di polizza dovranno denunciare il danno, rimanendo la medesima disciplina prevista precedentemente all’insorgenza della situazione emergenziale da COVID-19.

Infatti, non sembrerebbe risarcibile il danno dovuto all’inerzia del contraente, anche se insorto nel periodo di quarantena. In capo a quest’ultimo sorge l’onere di compiere tutte le azioni possibili, quantomeno per limitare il danno, evitando di abbandonarsi ad un’interpretazione estensiva della normativa d’urgenza emanata all’inizio del 2020 e della normativa codicistica.

A mero titolo esemplificativo, si cita il precedente del 2008 tra la Globex International Inc. e la Macromex srl (società rumena); la prima doveva vendere un grosso lotto di pollame alla seconda; purtroppo, prima dell’esecuzione del contratto, interveniva il divieto da parte del governo rumeno d’importare pollame, a causa dell’influenza aviaria scoppiata proprio in quel periodo. La Macromex chiedeva di eseguire il contratto in Georgia, ove non vi era alcun divieto d’importazione. La Globex, però, rifiutava la prestazione per cause di forza maggiore. Prima gli Arbitri e poi i Giudici dello Stato di New York non hanno riconosciuto l’esistenza della clausola di forza maggiore, in quanto la Globex ha rifiutato l’esecuzione di una prestazione sostitutiva congrua alla situazione in essere.

L’Esecutivo italiano, per adeguarsi alle garanzie attuate dalla Cina, ha già affidato alle Camere di Commercio di predisporre i certificati di forza maggiore per le imprese. È bene precisare che tali certificati non hanno un valore assoluto e potranno essere contestati valutando la fattispecie in concreto.

A tal proposito, alcune Compagnie si stanno già muovendo per specificare che il Coronavirus rientrerà nelle garanzie previste dalle polizze, solo a fronte di un’estensione delle stesse.

In conclusione, il Covid-19 porterà le Compagnie a garantire gli assicurati da molti dei danni che insorgeranno in seguito al lockdown imposto dai vari paesi del mondo; ciò che, comunque, continuerà ad assumere rilevanza è l’onere della prova del danno e del nesso causale tra restrizioni e danno, come già emerge dalla disciplina civilistica italiana.

Per maggiori e più specifiche informazioni, sarà possibile consultare il sito www.studioeffeffe.com, ove verranno proposti altri focus inerenti a specifici settori di impatto del Covid-19.

Pubblicato il 3 aprile 2020