DANNI DA INSIDIE STRADALI: L’ONERE DELLA PROVA E IL CASO FORTUITO EX ART. 2051 C.C.
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ULTERIORI CHIARIMENTI DALLA CASSAZIONE SU “MICROPERMANENTI” ED INDAGINI STRUMENTALI

Sembra ormai consolidarsi l’orientamento espresso dalla Corte Cassazione sull’interpretazione dell’art. 139, coma 2, CdA, come modificato dalla L. n. 27 del 2012, in forza del quale, per alcune tipologie di lesioni, ed in particolare per il c.d. “colpo di frusta”, l’accertamento clinico strumentale, in ragione della natura della patologia e della modestia della lesione, rimane l’unico strumento probatorio che consente di riconoscere le stesse ai fini risarcitori.

La Corte di Cassazione, sesta sezione civile, con ordinanza n. 22066/2018 del 11 settembre 2018, uniformandosi espressamente al principio espresso dalla medesima Corte con le precedenti pronunce n. 18773/2016 e n. 1272/2018, ritiene che: “ferma restando la necessità di un rigoroso accertamento medico -legale da compiersi in base a criteri oggettivi, la sussistenza dell’invalidità permanente non possa essere esclusa per il solo fatto che non sia documentata da un referto strumentale per immagini, sulla base di un automatismo che vincoli, sempre e comunque, il riconoscimento dell’invalidità permanente ad una verifica di natura strumentale”.

Per individuare i casi in cui il riconoscimento dell’invalidità permanente rimane vincolato ad una verifica di natura strumentale occorre fare riferimento ai chiarimenti forniti dalla Corte di Cassazione con la richiamata sentenza n. 1272/18 la quale, ritenendo che l’art. 139, comma 2, CdA, come novellato dalla L. n. 27/12, debba essere interpretato nel senso che vi possono essere situazioni nelle quali, data la natura della patologia e la modestia della lesione (come nel caso del cd. “colpo di frusta”), l’accertamento strumentale è l’unico in grado di fornire la prova rigorosa che la legge richiede, ha espresso il seguente principio: “In materia di risarcimento del danno da c.d. micropermanente, il Decreto Legislativo 7 settembre 2005 n. 209, art. 139, comma 2, nel testo modificato dal Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1, articolo 32, comma 3 ter, inserito nella Legge di Conversione 24 marzo 2012, n. 27, va interpretato nel senso che l’accertamento della sussistenza della lesione temporanea o permanente dell’integrità psico – fisica deve avvenire con rigorosi ed oggettivi criteri medico – legali; tuttavia l’accertamento clinico strumentale obiettivo non potrà in ogni caso ritenersi l’unico mezzo probatorio che consenta di riconoscere tale lesione a fini risarcitori, a meno che non si tratti di una patologia, difficilmente verificabile sulla base della sola visita del medico legale, che sia suscettibile di riscontro oggettivo soltanto attraverso l’esame clinico strumentale”.

Pertanto, in forza dell’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con le richiamate sentenze, ai sensi e per gli effetti dell’art. 139, comma 2, CdA, come novellato dalla L. n. 27/2012, il danno biologico da c.d. “colpo di frusta” può essere riconosciuto unicamente nel caso in cui la lesione risulti evidenziata da accertamenti clinici strumentali.

Il problema della corretta individuazione dei criteri medico – legali sulla base dei quali accertare la sussistenza della lesione permanente dell’integrità psico – fisica risulta superato a seguito dell’intervento del legislatore che, con la L. n. 124/2017, ha riscritto il testo dell’art. 139, comma 2, CdA, ribadendo la necessità degli accertamenti clinico strumentali obiettivi per la valutazione dei danni di lieve entità, con esclusione dei casi in cui l’autoevidenza della lesione e del danno (ad esempio la perdita di una falange o una cicatrice) renda detti accertamenti superflui.

La Suprema Corte, con due recenti pronunce, applica ad una fattispecie concreta il principio di carattere generale in merito ai presupposti – accertamenti strumentali – per la liquidazione del danno biologico espresso con la precedente ordinanza n. 22066/2018.

Infatti, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10816/19 e l’ordinanza n. 10819/19, entrambe pubblicate il 18 Aprile u.s., dell’interpretazione dell’art. 139, coma 2, CdA, come modificato dalla L. n. 27 del 2012, in forza del quale, per alcune tipologie di lesioni, ed in particolare per il c.d. “colpo di frusta”, l’accertamento clinico strumentale, in ragione della natura della patologia e della modestia della lesione, rimane l’unico strumento probatorio che consente di riconoscere le stesse ai fini risarcitori.

In entrambe i casi, aventi ad oggetto l’avvenuto riconoscimento di una lesione al rachide cervicale (cd. “colpo di frusta”) non accertata strumentalmente, la Corte di Cassazione, terza sezione civile, uniformandosi e richiamando espressamente il principio già espresso con le precedenti pronunce n. 18773/2016 e n. 1272/2018, ha respinto il ricorso promosso dalla Compagnia Assicurativa ribadendo che: “il rigore che il legislatore ha dimostrato di esigere (con la riforma del 2012) – che peraltro deve caratterizzare ogni tipo di accertamento in tale materia – non può essere inteso, però, come pure alcuni hanno sostenuto, nel senso che la prova della lesione debba essere fornita esclusivamente con l’accertamento clinico strumentale. Infatti l’accertamento medico non può essere imbrigliato con un vincolo probatorio che, ove effettivamente fosse posto per legge, condurrebbe a dubbi non manifestamente infondati di legittimità costituzionale, posto che il diritto alla salute è un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione e che la limitazione della prova della lesione del medesimo deve essere conforme a criteri di ragionevolezza”.
Conclude pertanto la Corte di Cassazione che: “ferma restando la necessità di un rigoroso accertamento medico – legale da compiersi in base a criteri oggettivi, la sussistenza dell’invalidità permanente non possa essere esclusa per il solo fatto che non sia documentata da un referto strumentale per immagini, sulla base di un automatismo che vincoli, sempre e comunque, il riconoscimento dell’invalidità permanente ad una verifica di natura strumentale”.

Tuttavia, non può rilevarsi come le riportate pronunce, pur rifacendosi espressamente al precedente arresto della Corte di Cassazione n. 1272/2018, abbiano fatto un uso distorto del principio con lo stesso affermato.
Infatti, proprio in relazione ad una fattispecie avente ad oggetto l’accertamento della lesione del rachide cervicale, la Corte di Cassazione, con la citata sentenza n. 1272/2018 ha specificato che l’art. 139 CdS, come novellato dalla Legge n. 1/27, va interpretato “nel senso di imporre un accertamento rigoroso in rapporto alla singola patologia, tenendo presente che vi possono essere situazioni nelle quali, data la natura della patologia e la modestia della lesione, l’accertamento strumentale risulta, in concreto, l’unico in grado di fornire la prova rigorosa che la legge richiede. Tale possibilità emerge in modo palese nel caso in esame, nel quale si discuteva di una classica patologia da incidente stradale, cioè la lesione del rachide cervicale nota volgarmente come colpo di frusta. E’ evidente che il c.t.u. non può limitarsi, di fronte a simile patologia, a dichiarala accertata sulla base del dato puro e semplice – e in sostanza non verificabile – del dolore più o meno accentuato che il danneggiato riferisca; l’accertamento clinico strumentale sarà in simili casi, con ogni probabilità, lo strumento decisivo che consentirà al c.t.u., fermo restando il suo ruolo insostituibile della visita medico legale e dell’esperienza clinica dallo specialista, di rassegnare al giudice una conclusione scientificamente documentata e giuridicamente ineccepibile, che è ciò che la legge attualmente richiede”.

Pubblicato il 24 aprile 2019