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CONCORDATO PREVENTIVO IN CONTINUITA’ AZIENDALE: LA VINCOLATIVITA’ DELLE PERCENTUALI OFFERTE E LA SOGLIA DEL 5% PER VALUTARE LA NON SCARSA IMPORTANZA DELL’INADEMPIMENTO

Con decreto in data 29.09.2017 n. 3228/2017 la Corte D’Appello di Bologna, pronunciandosi su un’istanza di risoluzione di concordato preventivo in continuità aziendale, ha confermato l’orientamento giurisprudenziale prevalente, seppur riferito al concordato preventivo con cessione di beni (Cass civ. n. 6022/2014; Cass civ. n. 13.618/2011) che riconosce la vincolatività delle percentuali offerte solo nel caso in cui le stesse siano indicate in modo “esplicito ed inequivocabile”.

La Corte precisa che, “benché le pronunce citate si riferiscano al concordato con cessione dei beni, non vi è motivo di ritenerle inapplicabili anche al concordato in continuità, poiché se da un lato non vi è certezza di quanto si ricaverà dalla liquidazione di beni solo stimabili, dall’altro vi è analoga aleatorietà su quanto si potrà ricavare in termini di utili dalla prosecuzione di un’attività aziendale ugualmente solo stimabile al momento della proposta”.

Il Giudice di secondo grado ha peraltro evidenziato che tale pronuncia è in linea con le più recenti riforme in materia di concordato preventivo che “hanno richiesto che venga assicurata una percentuale minima solo per il concordato con cessio bonorum e significativamente non per quello in continuità (in cui la garanzia quindi deve essere espressamente e specificamente prevista)”. Tale previsione, peraltro,  non può ritenersi configurata nel caso in cui la proposta concordataria preveda due diverse ipotesi di soddisfo del ceto chirografario, distinte in best e worst case, poiché le stesse restano pur sempre delle ipotesi descritte in termini di maggiore o minore “probabilità”, locuzione che smentisce la “certezza” richiesta per potersi parlare di garanzia delle percentuali di pagamento offerte.

Si dà atto, per completezza espositiva, che il decreto in commento si scontra con altre pronunce di merito che, al contrario, avevano asserito che “nel concordato preventivo con continuità aziendale, l’oggetto della proposta è costituito dalla prestazione monetaria che verrà ricavata dalla continuazione della continuità aziendale; da ciò consegue che in questo tipo di concordato, definito in dottrina “con garanzia”, proprio al fine di sottolineare la differenza col concordato con cessione dei beni, la percentuale di soddisfacimento dei creditori non può che essere certa e vincolante” (Tribunale di Roma sentenza 14.04.2016); ed ancora “anche nel concordato con continuità aziendale, così come nel concordato in generale, la proposta, seppur non vincolata dalla soglia legale di accesso ex art 160 comma 4 L.F., deve essere formulata in termini di “assicurazione” della percentuale di soddisfazione” (Tribunale di Pistoia, sentenza 29.10.2015).

La Corte d’Appello di Bologna, nel decreto in commento, dopo aver affermato la non vincolatività delle percentuali offerte nel concordato preventivo in continuità, nei termini di cui sopra, si è altresì pronunciata sulla “non irrisorietà dell’inadempimento della proposta di concordato”, poiché l’art. 186 L.F. stabilisce che “il concordato non si può risolvere se l’inadempimento ha scarsa importanza”.

Nella fattispecie le percentuali offerte dal Concordato al ceto dei creditori in chirografo prevedevano il soddisfo del 25,50% nel best case e del 15,78% nel worst case; ciononostante, il piano di riparto finale presentato dalla società in concordato ha liquidato ai chirografari soltanto il 5% del credito.

Sul punto la Corte d’Appello di Bologna ha ritenuto che tali pagamenti finali sono stati eseguiti in una misura modesta ma “non irrisoria” e ciò confermando la giurisprudenza formatasi in seno al Tribunale di Modena che ha individuato nella soddisfazione, generale ed astratta, del 5% del credito chirografario la soglia minima per poter affermare che l’inadempimento non è di scarsa importanza (Tribunale di Modena sentenza 20.04.2016).

Alla luce di quanto sopra esposto emerge in modo evidente che la tutela del credito è stata sacrificata alle esigenze dell’impresa in crisi.

Pubblicato il 31.10.2017