Con la sentenza n. 190 del 1.03.2017, il Tribunale di Ferrara, conformandosi al recente orientamento della Suprema Corte – v. Cass. Civ. n. 11802/2016, che prevede in capo all’attore un rigoroso onere della prova del nesso causale qualora agisca ex art. 2051 c.c. – ha ritenuto non provato il nesso causale tra il fatto costitutivo della domanda risarcitoria e l’evento prodottosi.
La pronuncia in esame, nell’ambito della speciale fattispecie di responsabilità disciplinata dall’art. 2051 c.c., ribadisce un principio di ordine generale inerente alla distribuzione dell’onere della prova tra le parti.
La causa traeva origine dalla domanda risarcitoria avanzata dall’attrice nei confronti dell’ente comunale a seguito di una rovinosa caduta dovuta allo sgretolamento del marciapiede sul quale la stessa si trovava.
Il Comune costituitosi sottolineava il difetto di nesso causale tra il fatto e l’evento, invocando comunque l’esonero di responsabilità per caso fortuito, ovvero un fattore estraneo alla sfera di controllo dell’ente stesso, in quanto il gradino si sarebbe sgretolato improvvisamente.
Infatti, la natura oggettiva o semi-oggettiva della responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c., esonera il danneggiato esclusivamente dalla prova dell’elemento soggettivo della colpa del custode e non anche del nesso di causalità, che invece deve essere fornita. Solo nell’ipotesi in cui il danneggiato fornisca la prova del nesso di causalità tra l’evento dannoso lamentato e la cosa in custodia allora incomberà al custode la prova del caso fortuito – ovvero la prova di un fattore estraneo idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo – che, come tale, consente l’esonero da responsabilità risarcitoria.
Come ha infatti recentemente chiarito la Corte di Cassazione con la nota ordinanza n. 1896 del 3/2/2015, “è erroneo l’assunto in base al quale l’affermata natura oggettiva della responsabilità da cose in custodia legittimi il danneggiato a ritenere assolto l’onere della prova gravante a suo carico dimostrando di essere caduto in corrispondenza di una anomalia, qualunque essa sia e senza alcuna indagine sulle caratteristiche della dedotta insidia, riferendo per ciò solo al custode ogni altro onere, sub specie di prova liberatoria del caso fortuito”. “Il danneggiato, invece, è tenuto a fornire positiva prova anche del nesso di causalità tra il danno e la res e, a tal fine, è suo preciso onere dimostrare anzitutto l’attitudine della cosa a produrre il danno, in ragione dell’intrinseca pericolosità ad essa connaturata, atteso che, in assenza di una simile caratteristica della cosa, il nesso causale non può per definizione essere predicato”.
Pertanto, la sentenza in commento costituisce per il Foro di Ferrara un importante precedente in tema di insidia in quanto “in definitiva, difetta[ndo] la prova del nesso di causalità tra il marciapiede del Comune di C. e la rottura del braccio di F. R. la domanda deve essere rigettata”.
Nell’ambito della medesima tematica, si segnala un’ulteriore recente pronuncia del Tribunale di Verbania n. 116 del 3.03.2017.
In particolare, in tal caso, l’attrice citava in giudizio l’ente comunale richiedendo il risarcimento di tutti i danni subiti a seguito di una caduta dovuta alla presenza di ghiaccio sugli scalini adiacenti il proprio Condominio.
Il Comune, costituitosi in giudizio, sottolineava il difetto di nesso eziologico tra la causa e il danno patito, specificando che, come statuito da recente giurisprudenza di legittimità e di merito, “in caso di ghiaccio la causa dell’evento va individuata nella disattenzione senza la quale la caduta non si sarebbe verificata, così risultando lo stato della cosa mera occasione dell’evento” (v. Cass. Civ. 7448/2015).
Il Tribunale di Verbania, aderendo al recente orientamento giurisprudenziale citato, ha rigettato la domanda proposta dall’attrice specificando che “non è stata raggiunta la prova del fatto storico e segnatamente la circostanza che la caduta sia ascrivibile a responsabilità del Comune”. Anzi, è stato ritenuto che “nella causazione dell’evento abbia contribuito, con apporto di fatto esclusivo, la condotta dell’attrice, [la quale] non ha prestato la dovuta attenzione e non ha adottato le dovute precauzioni”. Pertanto, “l’infortunio […] è da imputare alla condotta di quest’ultima che avrebbe potuto evitare il pericolo, adottando un comportamento diligente e prudente”.
In altre parole, come già statuito dalla Suprema Corte (da ultimo v. Cass. Civ. 5622/2016), anche il Giudice di merito ha ribadito che: sebbene spetti al Comune l’obbligo di manutenzione per strade e marciapiedi, tuttavia, in capo al pedone resta “un generale obbligo di prudenza e di diligenza che gli impone di prestare la dovuta attenzione”.
Le pronunce in commento risultano conformi al recente indirizzo della giurisprudenza di legittimità e di merito ormai predominante.
In particolare, per ciò che concerne l’onere della prova ex art. 2051 c.c., le maggiori Corti d’Appello e Tribunali nazionali sono pressoché concordi nel ritenere che sul danneggiato “incombe la prova del nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno, ossia la dimostrazione che l’evento si sia prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa”, mentre resta a carico del custode “la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito” inteso quale fatto estraneo alla sua sfera di custodia, imprevedibile ed eccezionale, con impulso causale autonomo, che può consistere anche nel fatto di un terzo o del danneggiato stesso. (v. Corte d’Appello Roma, Sex III, 1.02.2017, n. 631; nello stesso senso Tribunale di Milano, Sex X, 15.11.2016, n. 12575 e n. 12574; Tribunale di Napoli, Sex VI, 8.07.2016, n. 8528).
È stato inoltre specificato che la prova del nesso causale risulta particolarmente rilevante e delicata nei casi in cui “il danno non sia l’effetto di un dinamismo interno alla cosa , scatenato quindi dalla sua struttura o dal suo funzionamento (come ad esempio scoppio della caldaia, scarica elettrica), ma richieda che al modo di essere della cosa, di per sé statica ed inerte, si unisca l’agire dell’uomo ed in particolare quello del danneggiato, valutando l’eventuale facilità di aggirare l’ostacolo e/o il grado di attenzione”. (v. Tribunale di Milano, Sex X, 15.11.2016, n. 12575; nello stesso senso Tribunale di Milano, Sez X, 16.09.2016, n. 10179).
Pertanto, sia nelle ipotesi in cui il danneggiato non riesca ad assolvere l’onere probatorio sullo stesso incombente in ordine alla derivazione dell’evento lesivo dalla res in custodia, sia quando, nel corso dell’istruttoria, risulti che la vittima non abbia adottato una condotta debitamente adeguata al contesto e, tale anomala condotta, sia la causa unica dell’evento, la domanda non potrà che essere respinta.
Pubblicato il 30 marzo 2017