Con ordinanza n. 21399/2021 depositata il 26 luglio 2021, la Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi sull’annosa questione del cosiddetto “danno da insidia stradale”, con particolare riferimento alla responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. ed al relativo onere probatorie incombente sulle parti, ribadendo in primo luogo l’onere del danneggiato di fornire la prova del nesso causale: “non sussiste responsabilità ai sensi dell’art. 2051cod. civ. per le cose in custodia, qualora il danneggiato si astenga dal fornire qualsiasi prova circa la dinamica dell’incidente e il nesso eziologico tra il danno e la cosa (Cass. Sez. 3, sent.6 aprile 2006, n. 8106, Rv. 588582-01), essendo, infatti, egli onerato dal dimostrare “l’esistenza del danno e la sua derivazione causale (Cass. Sez. 3, sent. 25 luglio 2008, n. 20427, Rv. 604902-01; in senso conforme, tra le più recenti, si vedano Cass. Sez. 6-3, ord. 22 dicembre 2017, n. 30775, Rv. 647197-01; Cass. Sez. 3, ord. 30 ottobre 2018, n. 27724, Rv. 651374-01)”.
La Suprema Corte ha, al riguardo, precisato che la prova del nesso causale in capo al danneggiato deve essere ancor più rigorosa a fronte della configurabilità di una responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. (trattandosi di responsabilità oggettiva circoscritta esclusivamente dal caso fortuito e non, quindi, dall’ordinaria diligenza del custode) “giacché, altrimenti, quella prevista dall’art. 2051 cod. civ. sarebbe una fattispecie fondata su un criterio addirittura stocastico di imputazione della responsabilità”.
La natura oggettiva o semi-oggettiva della responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c., esonera il danneggiato dalla prova dell’elemento soggettivo della colpa del custode ma non anche dall’onere di fornire la prova del nesso di causalità.
Solo nell’ipotesi in cui il danneggiato fornisca la prova del nesso di causalità tra l’evento dannoso lamentato e la cosa in custodia, allora incomberà al custode la prova del caso fortuito – ovvero la prova di un fattore estraneo idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo – che, come tale, consente l’esonero dalla responsabilità risarcitoria. Già con precedente ordinanza n. 1896 del 3.2.2015 la Corte di Cassazione aveva precisato che “è erroneo l’assunto in base al quale l’affermata natura oggettiva della responsabilità da cose in custodia legittimi il danneggiato a ritenere assolto l’onere della prova gravante a suo carico dimostrando di essere caduto in corrispondenza di una anomalia, qualunque essa sia e senza alcuna indagine sulle caratteristiche della dedotta insidia, riferendo per ciò solo al custode ogni altro onere, sub specie di prova liberatoria del caso fortuito”. “Il danneggiato, invece, è tenuto a fornire positiva prova anche del nesso di causalità tra il danno e la res e, a tal fine, è suo preciso onere dimostrare anzitutto l’attitudine della cosa a produrre il danno, in ragione dell’intrinseca pericolosità ad essa connaturata, atteso che, in assenza di una simile caratteristica della cosa, il nesso causale non può per definizione essere predicato”. (si veda anche Cass. Civ. n. 11802/2016).
La pronuncia in commento ha integralmente confermato la sentenza impugnata emessa dalla Corte d’Appello di Bologna n. 1038/2019 in data 26.3.2019, con la quale era stata respinta la domanda risarcitoria avanzata da un cittadino caduto in un parco comunale, per non aver fornito la prova del rapporto di causalità tra l’evento dannoso e il bene in custodia.
La Corte felsinea si era, invero, conformata all’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte, come sopra richiamato, che prevede in capo all’attore un rigoroso onere della prova del nesso causale qualora agisca ex art. 2051 c.c.
La giurisprudenza di legittimità, ma anche quella di merito è, pertanto, tendenzialmente conforme nel ritenere che sul danneggiato “incombe la prova del nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno, ossia la dimostrazione che l’evento si sia prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa”, mentre resta a carico del custode “la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito”, inteso quale fatto estraneo alla sua sfera di custodia, imprevedibile ed eccezionale, con impulso causale autonomo, che può consistere anche nel fatto di un terzo o del danneggiato stesso (Corte d’Appello Roma, Sex III, 1.02.2017, n. 631; nello stesso senso si vedano anche Tribunale di Milano, Sex X, 15.11.2016, n. 12575 e n. 12574; Tribunale di Napoli, Sex VI, 8.07.2016, n. 8528).
Con l’ordinanza in commento la Corte di Cassazione ha, inoltre, ribadito un altro importante principio, ossia il dovere di ragionevole cautela incombente sull’utente della strada: “la responsabilità del custode si arresta di fronte al dovere di ragionevole cautela di chi usa la cosa, specie se si tratti di bene demaniale (Cass. Sez. 6-3, ord. 3 aprile 2019, n. 9315, Rv. 653609-01); si veda anche, con riferimento a danni originati dalla presenza di buche o avvallamenti della pavimentazione stradale, Cass. Sez. 6-3. Ord. 30 ottobre 2018, n. 27724, Rv. 651374-01; Cass. Sez. 3, ord. 1 febbraio 2018, n. 2480, Rv. 647934-01; Cass. Sez. 6-3. Ord. 22 dicembre 2017 n. 30775, Rv. 647197-01”.
In modo conforme si era espressa la Corte d’Appello di Bologna (sentenza n. 870/2019 del 14.3.2019) con riferimento ad un caso di incidente accorso ad un motociclista, asseritamente dovuto per la presenza di una buca sul manto stradale. La domanda risarcitoria era stata respinta per mancanza di prova della pericolosità della cosa inerte e del rapporto eziologico tra detta pericolosità ed il danno, con la conseguenza che la cosa deve ritenersi unicamente l’occasione e non la causa dell’incidente, cioè “il danno non può essere correlato ad un difetto di manutenzione e controllo ma deve presumersi, in base all’id quod plerumque accidit, che sia derivato dal modo in cui la cosa è stata utilizzata da parte del danneggiato”.
Pubblicato il 30 luglio 2021