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Il convenuto-opposto può sempre proporre domande c.d. “complanari” con la comparsa di costituzione e risposta

La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’innovativa sentenza n. 9633 del 24/3/2022, ha sancito la possibilità per il creditore-opposto di proporre domande nuove (già definite dalla dottrina “complanari”), diverse da quelle poste a fondamento del ricorso per ingiunzione di pagamento, anche qualora il debitore-opponente non abbia formulato domanda riconvenzionale, ma si sia limitato richiedere la declaratoria di non debenza dell’importo ingiunto ovvero la riduzione dello stesso.

All’origine della vicenda processuale esaminata dalla Suprema Corte, il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Messina aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo, ottenuto da alcuni privati cittadini, con il quale era stato intimato all’Ente il pagamento dell’indennità di espropriazione accordata ai ricorrenti per la destinazione ad opera pubblica di un’azienda agricola di loro proprietà.

Con l’atto di citazione, il Consorzio si limitava a sostenere l’inefficacia, sotto vari profili, dell’accordo stipulato con i ricorrenti, in quanto non seguito né dalla cessione volontaria dell’immobile né dalla pronuncia del decreto di esproprio, ed evidenziava, altresì, l’erroneità dei calcoli relativi alla somma dovuta.

I convenuti-opposti, costituendosi in giudizio, chiedevano, in via principale, il rigetto dell’opposizione e dunque la conferma del decreto ingiuntivo, e in via subordinata, la condanna del Consorzio al risarcimento dei danni patiti per occupazione usurpativa dell’area.

Il Tribunale, pur revocando il decreto ingiuntivo, accoglieva la domanda risarcitoria avanzata dai convenuti; viceversa, la Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva il gravame promosso dal Consorzio, dichiarando inammissibile la domanda riconvenzionale di risarcimento del danno formulata da parte opposta.

La pronuncia di secondo grado è, quindi, giunta al vaglio della Corte di legittimità.

A dire del ricorrente, erede degli originari creditori nelle more deceduti, la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che ai creditori-opposti non era consentito ampliare il thema decidendum prospettando una domanda subordinata diversa per causa petendi e petitum da quella originariamente proposta in sede di ricorso per decreto ingiuntivo e avente ad oggetto il pagamento dell’indennità di espropriazione.

Trattasi, tuttavia, di decisione conforme alla giurisprudenza (finora) unanime, secondo cui nel giudizio ordinario di cognizione che si instaura a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, l’opposto, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può – di regola – avanzare domande diverse da quelle fatte valere con il ricorso monitorio, salvo il caso in cui, per effetto di una riconvenzionale formulata dall’opponente, egli si venga a trovare a sua volta nella posizione processuale di convenuto, al quale non può essere negato il diritto di difesa rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la proposizione di una reconventio reconventionis (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 25/2/2019, n. 5415; Cass. Civ., Sez. I, 22/6/2018, n. 16564; Cass. civ., Sez. III, 4/10/2013, n. 22754; Cass. Civ., Sez. III, 29/9/2006, n. 21245).

La Prima Sezione, investita del ricorso, coglie, dunque, l’occasione per ripercorrere l’evoluzione giurisprudenziale in tema di ius variandi endoprocessuale.

In primo luogo, gli Ermellini ricordano che il principio tradizionale secondo il quale, nel procedimento ordinario di cognizione, è inammissibile ogni modifica della domanda iniziale che incida sul petitum e/o sulla causa petendi (c.d. mutatio libelli) è stato scardinato dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 12310 del 15/6/2015.

Ed invero, secondo la suddetta pronuncia, “la modificazione della domanda ammessa a norma dell’art. 183 c.p.c., può riguardare anche uno o entrambi gli elementi identificativi della medesima sul piano oggettivo (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti in ogni caso connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, e senza che per ciò solo si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte ovvero l’allungamento dei tempi processuali”.

Le Sezioni Unite del 2015 hanno, poi, precisato che la vera differenza tra le domande “nuove” – implicitamente vietate dal Codice di rito – e le domande “modificate” – espressamente ammesse fino alla prima memoria di cui all’art. 183, comma 6 c.p.c. – risiede nel fatto che le domande modificate non possono essere considerate nuove, nel senso di ulteriori rispetto alle domande iniziali, trattandosi di domande diverse, che però non si aggiungono a quelle iniziali, ma le sostituiscono, in un rapporto di alternatività (nella specie, la Corte ha ammesso la modificazione dell’originaria domanda di pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c., in domanda di pronuncia dichiarativa dell’avvenuto effetto traslativo della proprietà).

Successivamente, le Sezioni Unite n. 22404 del 13/9/2018 hanno affermato che, per valutare se la domanda diversa contenuta nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 1) c.p.c. sia ammissibile, occorre verificare se quest’ultima e la domanda inziale siano in un rapporto di connessione non solo per alternatività, ma anche per incompatibilità, sicché la domanda “modificata” non dovrà necessariamente sostituirsi alla domanda iniziale, ma potrà ad essa cumularsi in via gradata (nella specie, la Corte ha dichiarato ammissibile la domanda di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c. proposta, in via subordinata, con la prima memoria, nel processo introdotto per ottenere l’adempimento contrattuale).

Tale pronuncia ha, quindi, completato la ricostruzione del regime di proponibilità delle domande c.d. “complanari”, che introducono in giudizio un diritto che “deve attenere alla medesima vicenda sostanziale già dedotta, correre tra le stesse parti, tendere dopo tutto alla realizzazione, almeno in parte, salva la differenza tecnica di petitum mediato, dell’utilità finale già avuta di mira dalla parte con la sua iniziativa giudiziale e dunque risultare incompatibile con il diritto originariamente dedotto in giudizio” (cfr. Cass. Civ., Sez. VI-1, ord. 7/9/2020, n. 18546).

La soluzione adottata dalle Sezioni Unite nelle decisioni sopra citate in punto di emendatio libelli appare, peraltro, conforme alla logica del sistema processuale introdotto con la Novella del 1990, risultando rispettosa dei principi di economia processuale e ragionevole durata del processo e favorendo la concentrazione in un unico processo di tutte le questioni relative alla medesima vicenda sostanziale, limitando il rischio di giudicati contrastanti.

Fatte queste premesse, la Prima Sezione, nella sentenza n. 9633/2022, ritiene di attribuire l’ampio potere di adattamento delle proprie domande, riconosciuto dai citati precedenti giurisprudenziali all’attore sostanziale e formale nel giudizio di cognizione, anche all’attore sostanziale, ma convenuto formale, nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, tenuto conto delle peculiarità di quest’ultimo e, pertanto, entro il termine della comparsa di costituzione e risposta.

Ciò porta con sé, secondo la pronuncia qui in esame, il superamento dell’orientamento restrittivo che consente al convenuto-opposto la formulazione della reconventio reconventionis nel solo caso in cui l’opponente avesse proposto una domanda o un’eccezione riconvenzionale e l’enunciazione del seguente principio di diritto: “In tema di opposizione a decreto ingiuntivo il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l’opponente non abbia proposto una domanda o un’eccezione riconvenzionale e sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta”.

Applicando tale principio alla fattispecie esaminata, la Prima Sezione cassa la sentenza impugnata.

L’estensione dello jus variandi e della possibilità di avanzare domanda “complanare” anche alla posizione del convenuto-opposto, operata dalla sentenza n. 9633/2022, risulta certamente condivisibile, essendo in linea con l’orientamento maturato in materia di emendatio libelli nel giudizio ordinario di cognizione.

Pubblicato il 12 maggio 2022