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“INCOMBE SUL CREDITORE OPPOSTO L’ONERE DI ATTIVARE LA MEDIAZIONE”. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 19596/2020.

Con la sentenza n. 19596/2020 del 18 Settembre 2020, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione risolvono il contrasto sorto tra la giurisprudenza di legittimità e quella di merito relativamente alla corretta identificazione (creditore opposto o debitore opponente?) del soggetto obbligato a dare corso alla procedura di mediazione obbligatoria nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ex art. 5 comma 1 – bis d. lgs. n. 28/2010[1].

La vicenda trae origine dal ricorso, promosso da una coppia, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia che, uniformandosi al principio espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 24629/2015 e confermando la pronuncia del Tribunale di Treviso, ha respinto l’opposizione dagli stessi promossa avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore di un istituto di credito e, di conseguenza, dichiarato la definitività del decreto per non aver gli opponenti esperito il tentativo obbligatorio di mediazione.

Il ricorso è stato assegnato alla Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione la quale, ravvisata l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine all’individuazione della parte – opponente o opposto – tenuta a promuovere la procedura di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ha richiesto l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite stante la particolare importanza della questione.

Infatti, come si legge nell’ordinanza di remissione, la citata problematica era già stata affrontata e risolta dalla Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 24629/2015, aveva affermato il principio in forza del quale: “nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo l’onere di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione è da porre a carico della parte opponente”.

Tuttavia, il riportato principio – fatto proprio anche dal Tribunale di Bologna (cfr.: Trib. Bologna, sent. del 20.01.2015) – non era stato condiviso da altra parte della giurisprudenza di merito, all’interno della quale si erano formati diversi orientamenti.

In particolare, parte dei giudici di merito avevano abbracciato un opposto orientamento in forza del quale incombe sul creditore opposto – quale attore in senso sostanziale – l’onere di intraprendere il tentativo obbligatorio di mediazione, pena la revoca del decreto ingiuntivo opposto.

Invece, un’altra minoritaria parte dei giudici di merito, avevano adottato una soluzione intermedia, che identifica il soggetto tenuto ad esperire il tentativo obbligatorio di mediazione nel debitore opponente o nel creditore a seconda che, rispettivamente, sia stata concessa la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto, ovvero sia stata sospesa l’esecuzione provvisoria dello stesso.

Le Sezioni Unite hanno affermato di non ritenere condivisibile il principio adottato dalla Terza Sezione con la citata sentenza n. 24629/2015, nonché quello espresso dalla tesi intermedia, ritenendo che il contrasto insorto in giurisprudenza debba essere risolto nel senso che spetta al creditore opposto l’onere di intraprendere la mediazione obbligatoria.

A supporto dell’interpretazione fornita, le Sezioni Unite richiamano una serie di argomentazioni di carattere testuale, logico e sistematico ed, infine, ragioni di conformità al dettato costituzionale.

Dal punto di vista testuale, le Sezioni Unite, pur evidenziando che le disposizioni del d. lgs. n. 28 del 2010 non forniscono esplicitamente una soluzione al problema, ritengono che alcune disposizioni sono univoche nel senso che deve essere posto a carico del creditore opposto, quale attore sostanziale, l’obbligo di attivarsi per promuovere la mediazione.

Nello specifico, vengono richiamati i seguenti articoli del menzionato decreto legislativo:

i) l’art. 4, comma 2[2], in forza del quale la domanda introduttiva della mediazione deve indicare, tra le altre cose, l’oggetto e le ragioni della pretesa. Appare pertanto evidente la perfetta coincidenza con le regole del giudizio ordinario in forza delle quali viene richiesto all’attore, cioè il soggetto che assume l’iniziativa processuale, di chiarire, tra le altre cose, l’oggetto e le ragioni della pretesa. Sarebbe pertanto “curioso” ritenere che gravi sull’opponente, cioè il debitore che si è limitato a resistere all’iniziativa del creditore, l’obbligo di indicare l’oggetto e le ragioni di una pretesa non sua;

ii) l’art. 5, comma 1 – bis, in forza del quale viene posto a carico del soggetto che intende “esercitare in giudizio un’azione” – nelle materie tassativamente indicate[3] – l’obbligo di esperire preliminarmente il procedimento di mediazione. Anche detta norma, come il richiamato art. 4, non lascia alcun dubbio sul fatto che incombe sul creditore opposto, quale attore sostanziale, l’onere di attivare la procedura di mediazione;

iii) l’art. 5, comma 6[4], il quale riconosce alla domanda di mediazione i medesimi effetti sulla prescrizione riconosciuti alla domanda giudiziale dagli artt. 2943 e 2945 (che regolano gli effetti della domanda giudiziale sull’interruzione della prescrizione e l’ultrattività dell’effetto interruttivo in caso di estinzione del processo). Alla luce della richiamata disposizione, non appare logico ricollegare un effetto favorevole al creditore, quale l’interruzione della prescrizione, ad un’iniziativa intrapresa dal debitore che, nel caso del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, assume la veste di convenuto in senso sostanziale.

Il primo argomento di ordine logico e sistematico richiamato dalle Sezioni Unite è da ravvisarsi nella circostanza che, instaurato il giudizio di opposizione e sciolto il nodo della provvisoria esecuzione, la causa viene “incanalata lungo un percorso ordinario” e, di conseguenza, il creditore opposto assume la qualità di attore in senso sostanziale.

Il secondo argomento è frutto della comparazione tra le diverse conseguenze derivanti dall’inerzia delle parti a seconda che si ritenga obbligato a dare corso alla mediazione obbligatoria il creditore o il debitore.

Infatti, se l’onere che ci occupa viene posto a carico dell’opponente e questi rimane inerte, la conseguenza è che la pronuncia di improcedibilità sarà seguita dall’irrevocabilità del decreto ingiuntivo.

Invece, nel caso in cui l’onere venga posto a carico dell’opposto, la sua inerzia comporterà (sempre) la dichiarazione di improcedibilità della domanda e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo; tuttavia l’opposto potrà richiedere l’emissione di un nuovo decreto ingiuntivo senza quell’effetto preclusivo che consegue alla irrevocabilità del decreto.

Pertanto, in ragione della definitività del risultato che si verifica solo nel caso di inerzia del debitore, appare più logica la soluzione che fa gravare sul creditore, che nulla perde a seguito della propria inerzia, l’onere di dare corso al procedimento di mediazione obbligatoria.

Infine, la soluzione adottata risulta l’unica costituzionalmente orientata in quanto, secondo il consolidato ed uniforme orientamento della Corte Costituzionale (in merito al quale viene richiamata la sentenza n. 98/2014), le forme di accesso alla giurisdizione condizionata al previo adempimento di oneri sono legittime purchè ricorrano certi limiti e, comunque, sono illegittime le norme che collegano al mancato previo esperimento di rimedi amministrativi (come la mediazione) la conseguenza della decadenza dall’azione giudiziaria.

Di conseguenza, non appare in armonia con il dettato costituzionale l’interpretazione che pone l’onere di promuovere il procedimento di mediazione a carico dell’opponente che si traduce, in caso di sua inerzia, nella irrevocabilità del decreto ingiuntivo come conseguenza del mancato esperimento di un procedimento che non è giurisdizionale.

In forza delle riportate argomentazioni, le Sezioni Unite hanno affermato il seguente principio di diritto: “Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1 – bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1 – bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”.

 

[1]  L’art. 5 del d. lgs. n. 28/2010, rubricato “Condizione di procedibilità e rapporti con il processo”, dispone quanto segue: “1 -bis. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisioni, successioni ereditarie, patti di famiglia locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero i procedimenti previsti dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, e dai rispettivi regolamenti di attuazione ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’art. 128 – bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modifiche, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale… (omissis). 2. Fermo quanto previsto dal comma 1 – bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello…. (omissis). 4. I commi 1 – bis e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione… (omissis)”.

[2] Secondo quanto disposto dall’art. 4, comma 2, del d. lgs. n. 28/2010, “L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa”.

[3] Si segnala il vigente contrasto tra i giudici di merito in ordine all’obbligo di esperire il tentativo obbligatorio di mediazione nelle controversie aventi ad oggetto l’azione di regresso esercitata dal fideiussore nei confronti del debitore – contraente per un credito derivante dall’escussione della polizza fideiussoria prestata come cauzione.

Infatti, secondo un primo orientamento, condiviso, tra gli altri, dal Tribunale di Milano (cfr.: Trib. Milano, sent. 13.01.2016) e dal Tribunale di Bologna (cfr.: Trib. Bologna, ord. del 15.09.2020), la polizza fideiussoria “non rientra nel novero dei contratti tassativamente previsti dall’art. 5, comma 1 – bis, del d. lgs. n. 28/2010 anche in considerazione dell’affievolimento del carattere di accessorietà della garanzia, stante la natura di garanzia autonoma a prima richiesta dell’accordo”.

All’opposto, secondo altro e minore indirizzo, seguito ad esempio dal Tribunale di Verona (cfr.: Trib. Verona, ord. del 04.04.2012) e dal Tribunale di Nocera Inferiore (cfr.: Trib. Nocera Inferiore, sent. n. 419 del 28.03.2019), la polizza fideiussoria sottoscritta da una compagnia assicuratrice può pienamente ricomprendersi nella categoria dei contratti assicurativi (analogamente rientrerà nella tipologia dei contratti bancari quella rilasciata da un istituto di credito).

[4] In forza dell’art. 5, comma 6, del d. lgs. n. 28/2010: “Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale …(omissis)”.

Pubblicato il 23 settembre 2020